Nuovo scontro Maroni-Tremonti sulle pensioni Il titolare del Welfare respinge interventi sul tema in Finanziaria, soprattutto se «per fare cassa»

Il responsabile dell'Economia dice che la revisione del sistema previdenziale prevista dal collega «è necessaria ma non del tutto sufficiente». Subito il titolare del Lavoro e Politiche sociali ribatte che interventi sul settore non dovranno essere contenuti nella Finanziaria, tantomeno per «fare cassa». Secondo Tremonti per mettere in sesto il Paese, e anche perché la coalizione di centrodestra possa avere un futuro, è necessario fare le riforme strutturali quanto prima: entro l'autunno. E fra queste considera quella del sistema previdenziale rispetto alla quale le misure contenute nella delega che il ministro Maroni sta portando avanti in Parlamento, seppur innegabilmente utili, comunque non basteranno a provocare gli effetti strutturali necessari. La Legga già nei giorni della verifica aveva fatto le barricate in difesa della riforma Maroni; l'altra sera Bossi ha anche detto che «quando faranno la Finanziaria, non ci giurerei che non attaccheranno ancora le pensioni». E Maroni ah risposto subito al ministro dell'Economia: «La sede per interventi sul sistema previdenziale «è la delega attualmente all'esame del Senato e non la Finanziaria». «Se si ipotizzano interventi a breve, in Finanziaria - dice il ministro del Welfare - questi servono solo per far cassa mentre nella delega si mettono provvedimenti che entreranno in vigore dopo un po'.Quindi si tratta di una riforma strutturale». Maroni quindi aggiunge: «Se ulteriori interventi servono ad un patto tra generazioni e non per far cassa questo va bene, è lo scopo della delega». In ogni caso il ministro non sbarra completamente la strada a un dialogo: anche toni concilianti quando aggiunge: la delega, «pur essendo già stata approvata dalla Camera può essere ancora modificata e migliorata in Senato. Quello è il luogo in cui si discute di pensioni». Più in dettaglio, parlando del sistema previdenziale, il problema che indica Maroni è «la gobba del 2018, che non è il primo gennaio 2004 (data di entrata in vigore della manovra 2004 ndr). Se ragioniamo su come evitare la gobba del 2018 siamo d'accordo, se invece ragioniamo su quanti euro mettere dalle pensioni dal primo gennaio 2004 non siamo più d'accordo. Mi sembra che parlare di delega significa affrontare il problema della sostenibilità del sistema nel medio termine. E questo è lo scopo della delega. Così si possono studiare tutti i correttivi che si vogliono. Ma se la prospettiva, come è stata per un pò ma fortunatamente non più, è fare cassa nel gennaio 2004 e quindi - chiarisce ancora - quali tagli fare in Finanziaria, noi non siamo d'accordo. Questo però è un problema superato da mercoledì notte perchè il Governo ha deciso che di pensioni si parla nella delega e non nella Finanziaria. Rimane la questione di migliorare la delega: va benissimo. Inizieremo a parlarne a settembre con le parti sociali e tutte le ipotesi sono possibili». Se fra Maroni e Tremonti, sulla riforma delle pensioni si va dall'attrito allo scontro e un accordo lo si percepisce più meno sul filo del rasoio, i sindacati aspettano al varco. Le sintonie dei mesi scorsi con parte del fronte sindacale, come in occasione del patto per l'Italia, potrebbero finire in frantumi nel volgere di pochi minuti se si mettesse mano con imprudenza e senza un vasto accordo sociale a un problema come quello della revisione del sistema pensionistico. Cgil, Cisl e Uil hanno continuato a ribadire in questi giorni, in ogni occasione, e anche con insistenza nel corso del dibattito sul Dpef sul quale non hanno in sostanza espresso giudizi (e quindi non lo hanno certo approvato) perché lo hanno giudicato una «scatola vuota», il proprio no a interventi sul sistema previdenziale. Il fatto che per Cgil Cisl e Uil le prospettive indicate da Tremonti siano molto più lontane da quelle contenute nella delega elaborata al Welfare, non significa necessariamente che, di fronte a ipotesi ancora peggiori i sindacati possano finire per mandare giù, per esempio, l