Il ministro dell'Agricoltura Alemanno: «Confronto prima della pausa estiva, le parti si assumano responsabilità» «Ci attendono sacrifici, partiamo ora col tavolo»
Gianni Alemanno, ministro delle Politiche agricole, non vuole perdere tempo. Ministro, Tremonti vuole la riforma delle pensioni nella Manovra. Lei è d'accordo? «Avviamo prima il confronto con le parti sociali e sulla base di quanto emergerà, vedremo». Ma i tavoli del dialogo sociale partiranno a settembre? «Anzitutto il tavolo è unico perché è unico l'accordo che bisogna chiudere con le parti sociali. I nove tavoli sono un'interpretazione sbagliata che deriva dal numero delle priorità indicate nel Dpef per avviare le riforme». D'accordo, comunque si farà a settembre... «No, credo che si debba partire subito. Anche la settimana prossima». Il governo vuole accelerare con la riforma delle pensioni? «Non è il punto centrale, il governo intende avviare un complesso articolato di riforme. Sulle pensioni sarebbe preferibile fare solo una manutenzione della riforma della previdenza fatta da Dini». Manutenzione? «Sì, manutenzione. Nel senso di ridefinire i tempi di attuazione della riforma '95». Ministro, e allora: partire subito, ma da che cosa? «Penso che sia necessario avviare una fase nuova con le parti sociali. E dunque, se il nostro obiettivo è creare un nuovo rapporto riforme-sviluppo dobbiamo partire dalle cifre, dai numeri, dalla situazione reale». Perché? Sino ad oggi è stata nascosta? «No, il governo ha parlato chiaro utilizzando i dati che vengono dalla Commissione Europea. Dal canto loro, le parti sociali hanno siglato un "patto per la competitività" ma non hanno indicato dove reperire le risorse per gli interventi contenuti in questo patto. Adesso noi dobbiamo concertare un'esatta corrispondenza tra gli interventi economici e sociali e le risorse che sono necessarie per attuarli». Insomma, il governo vuole aprire una stagione di corresponsabilità? «No, perché la concertazione non significa rinunciare alla rispettiva autonomia e al dovere del governo di scegliere. Ma si può trovare un'intesa sul progetto complessivo per rilanciare l'economia». L'apertura dell'esecutivo non ha sortito grandi effetti. Insomma, i sindacati non sono apparsi entusiasti... «Ricordiamo la successione degli eventi. I sindacati hanno reagito negativamente prima di leggere il Dpef, poi si sono tenuti su una linea di estrema prudenza, salvo la Cgil che è stata, come al solito, aprioristicamente contraria. Credo che tutte le parti sociali prima di esprimersi vogliano entrare concretamente nel merito. E mi pare giusto, quindi cerchiamo di bruciare i tempi». E lei si aspetta un rapporto nuovo con i sindacati? «Sì, ma quando si parla di parti sociali non ci si riferisce solo ai sindacati, ma anche agli industriali. Il punto è questo: se ci attendono sacrifici, questi non li possono fare solo i lavoratori dipendenti. Anzi, credo che ne abbiano fatti già troppi. E comunque toccherà a tutti rimboccarsi le maniche». Dove vuole arrivare il governo? Ad un nuovo patto per l'Italia? «Le formule possono essere tante. Prima è importante confrontarsi, e poi ci preoccuperemo di trovare un nome all'accordo». F. D. O.