Castelli vede Ciampi e decide: Sofri resta in carcere
«Non chiederò la grazia. Serve un atto di pacificazione per tutti i protagonisti delle stagioni cruente»
Ieri è sceso in campo il presidente della Repubblica che si è detto in attesa di una domanda di grazia, inviando contemporaneamente «un commosso e reverente pensiero alla memoria del commissario Luigi Calabresi, esemplare servitore dello Stato», e un «affettuoso e solidale saluto» alla vedova Gemma e ai tre figli. Un modo per ribadire che la grazia è un atto di clemenza e non un colpo di spugna. Poco dopo il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha ribadito di essere favorevole alla grazia per Adriano Sofri e per altri detenuti, precisando però che la legge italiana riconosce il potere di iniziativa per la grazia come prerogativa esclusiva del Guardasigilli. E la risposta di Castelli non si è fatta attendere: «Sono giunto alla determinazione di non trasmettere al Presidente della repubblica la pratica relativa alla domanda di grazia per Adriano Sofri, assumendomi in prima persona la piena responsabilità di questo atto». A riportare le parole del Ministro della Giustizia è il direttore della Padania, Gigi Moncalvo, nel fondo che commenta la lettera firmata dal guardasigilli sul caso Sofri. «Una decisione sofferta, scrive Moncalvo, alla quale si affianca «una proposta che sicuramente farà discutere: quella di un atto di pacificazione che riguardi tutti i protagonisti di stagioni cruente ormai superate e che quindi ricomprenda anche provvedimenti di grazia per Sofri e Bompressi. Bossi rincara la dose e sottolinea: «Il Presidente della Repubblica avochi a sè la decisione, cambi la legge e dia lui la grazia a Sofri. Castelli - ha continuato Bossi - è contrario perché la gente è contraria. Adesso per dare la grazia ci vuole il consenso del Presidente della Repubblica e del ministro della Giustizia. Il Presidente avochi a sé la decisione, cambi la legge, e dia lui la grazia. Sofri certamente è uno che non è scappato. Ma la gente sa che Sofri è stato un terrorista e allora la gente è contro la grazia». Dopo l'incontro di un'ora, in mattinata al Quirinale, fra il presidente della Repubblica e il Guardasigilli, in serata la nota ufficiale del Colle spiega che il mancato input del ministro Castelli (da sempre contrario alla grazia) impedisce il gesto di clemenza per il detenuto di Pisa e gli altri due condannati, Bompressi e Pietrostefani, per l'omicidio del commissario Calabresi. Immediate le reazioni all'intervento di Ciampi e di Berlusconi. «Credo che ci sono molte persone nelle stesse condizioni di Sofri - ha dichiarato Alessandro Cè, capogruppo della Lega alla Camera -. La sua eccezionalità deriva dal fatto che Sofri è famoso ed organico alla sinistra». Il ministro della Politiche agricole, Gianni Alemanno, si è detto «contrario a soluzioni individuali». Sprezzante il giudizio di Bruno Berardi, dell'associazione vittime del terrorismo: «Visto che hanno proposto la grazia per Sofri la potevano dare anche a Totò Riina, che non ha partecipato ai massacri, ma ha agito solo in veste di mandante». Nei giorni scorsi Gemma Capra, vedova del commissario Calabresi, si è tirata fuori dal dibattito: «In questi anni - ha detto - ho scelto di restare in silenzio e ancora oggi ribadisco questa volontà nel rispetto delle sentenze e delle prerogative delle istituzioni competenti a decidere». E la grazia? «Il perdono è un sentimento privato - ha risposto -. Ho educato i miei figli a non coltivare l'odio e il rancore, se ci venisse chiesto di perdonare faremmo con convinzione la nostra parte».