di STEFANIA MORDEGLIA LA MAGGIORANZA esulta, affermando di aver ritrovato la serenità.
L'opposizione lancia fulmini. Dieci anni dopo quel 23 luglio del 1993 il governo punta ad un nuovo patto sociale. L'invito rivolto ai sindacati è condensato nel capitolo V del Dpef approvato l'altra notte dal governo, che adesso chiama tutti a raccolta per sottoscrivere l'«Accordo per riforme, competitività, sviluppo ed equilibrio finanziario». Ma la Cgil non ci sta e rifiuta l'ipotesi di un nuovo patto sociale «fondato sullo scambio tra riforme «strutturali», come sanità e pensioni e interventi di sviluppo. Il segretario generale Guglielmo Epifani spiega di non essere disposto a «scrivere una Finanziaria a quattro mani», mentre il segretario generale della Cisl, Savino Pezzotta, non si sbilancia, annunciando solo che valuterà le proposte della Cgil di mobilitazione contro le linee del Dpef. Il numero due della Uil, Adriano Musi, boccia l'idea del governo di istituire più tavoli di confronto. L'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria, che conferma per il 2004 una manovra da 16 miliardi, ha riservato sorprese da più parti. Sparita l'idea di utilizzare i mutui per la casa per sostenere i consumi, il capitolo pensioni si limita a poche righe, mentre viene data massima attenzione alla realizzazione delle opere infrastrutturali, soprattutto nel Mezzogiorno, e c'è il disco verde alle cartolarizzazioni. L'obiettivo dell'esecutivo - si legge in una nota di Palazzo Chigi - è quello di «rafforzare lo sviluppo economico e sociale dell'Italia, fondato su alcuni pilastri fondamentali, comuni ai grandi Paesi europei». Tre i punti indicati: riforme strutturali, competitività e rigore nei conti. Il Dpef sarà esaminato dall'aula di Palazzo Madama il 29 luglio ed approvato il giorno dopo. Tutta la Casa delle libertà mostra grande soddisfazione per il documento economico appena licenziato, anche se ognuna delle forze della coalizione tende a sottolineare quelle che considera le proprie conquiste. Per il ministro del Welfare, Roberto Maroni, «la Lega ha vinto la battaglia delle pensioni». An esalta la collegialità delle decisioni prese («Un buon lavoro collegiale attorno al ministro Tremonti, che ancora una volta si è rivelato una risorsa per questo governo» dichiara il ministro per le Politiche agricole, Gianni Alemanno). Anche l'Udc apprezza la «concertazione» con associazioni e sindacati. Letizia Moratti, ministro dell'Istruzione, esulta: «La ricerca è una delle priorità contenute nel Dpef». Il presidente dei senatori di Forza Italia, Renato Schifani, giudica il Dpef «di svolta». Per quanto riguarda il ventilato intervento sui mutui, non inserito nel Dpef, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sostiene di aver letto martedì «alcuni materiali che erano stati fatti circolare: c'era la scheda di uno studioso che aveva messo dentro questa sua brillante idea. Io non l'avrei mai pensata, non l'ho firmata». Tremonti difende comunque i suoi conti e avverte che saranno indispensabili riforme strutturali per far ripartire il Paese. Per il vicepresidente di Confindustria, Guidalberto Guidi, «il Dpef contiene indicazioni condivisibili come impianto generale, ma dipenderà come saranno riempite le caselle». Il presidente di Confcommercio, Sergio Billè, consiglia al premier Berlusconi di «schiacciare l'acceleratore» per non rischiare «di impantanarsi». Di segno opposto le reazioni dell'opposizione. Per il segretario dei Ds, Piero Fassino, il Dpef è «un guscio vuoto». Troppe indicazioni generiche e campate in aria, secondo il responsabile economico della Margherita, Enrico Letta. Per il verde Alfonso Pecoraro Scanio il «documento confuso e ignorante» ripropone la politica dei tagli per colpire sanità e scuola.