Scontro nel governo sui fondi del Dpef
Intorno si continua a sviluppare un confronto durissimo fra le componenti della maggioranza. Il nodo sono le risorse che si prevede potranno essere utilizzate, e soprattutto come. Il confronto vede perciò al centro Tremonti e la sua politica. An guida la fila di quelli che chiedono che siano onorati gli accordi contrattuali del pubblico impiego raggiunti nel 2002 e ancora da chiudere per 1,5 milioni di dipendenti. Poi c'è, e certo non è secondario, il problema della programmazione delle risorse per lo sviluppo del Sud. Qui i partiti sono interessati tutti, eccezion fatta per il Carroccio, che è sempre stato vicinissimo al superministro dell'Economia e che ieri, guarda caso, si è messo di traverso sui contratti pubblici. Durante il consiglio dei ministri, Fini ha contestato il mancato esito della partita contrattuale a Tremonti, il quale si è difeso dicendo che prima bisogna vedere se ci sono i soldi e quanti. Uno scontro, dopo il quale Giovanardi (Udc) ha proposto di riparlarne a ragion veduta, in presenza del Dpef, mercoledì sera. È seguito un consulto tra Fini e i ministri del suo partito; dopo, il vicepremier e gli altri di An hanno avuto un lungo incontro con Tremonti. Infine Fini, in una telefonata al leader della Cisl Pezzotta, avrebbe detto di ritenere che mercoledì la situazione dei contratti potrebbe sbloccarsi. Nel Dpef quindi a questo punto saranno fondamentali le indicazioni in elaborazione in queste ore, perché indicheranno la programmazione dell'uso delle risorse e quindi saranno le scelte politiche per il prossimi tre anni. Il quadro tuttavia è gia delineato. Per il 2004, e quindi in stretta relazione con la prossima Finanziaria, è prevedibile che verrà tenuto in considerazione un deficit intorno al 3% o poco più. Questo potrebbe comportare una manovra correttiva intorno ai 15 miliardi, per abbassare il deficit a poco di più del 2%. Scontata sarebbe peraltro una revisione della crescita di quest'anno: invece dell'1,1, potrebbe essere intorno allo 0,7-0,8%, più vicino al numero peggiore (0,6) indicato nella trimestrale ultima. Non si deve poi dimenticare l'argomento delle pensioni. La riforma Maroni, ha detto lo stesso ministro, se potrà anche essere citata nel Dpef comunque non ne subirà modifiche. Questo per fermare le bocce in attesa del Dpef anche se i sindacati non sono affatto tranquillizzati perché non vogliono la decontribuzione che il governo invece continua a sostenere, né l'obbligo di versare il tfr nei fondi pensione integrativi. Bocce ferme, allora? No, perché l'argomento pensioni, apparentemente congelato da Maroni, ieri viene tirato fuori di nuovo, e proprio dalla Lega. Il capogruppo del Carroccio alla Camera, Alessandro Cè, infatti, che difficilmente parla a caso, attacca Gianfranco Fini e mette insieme, chissà come mai, proprio i due argomenti-clou: i rinnovi contrattuali pubblici e le pensioni. Secondo Cè infatti Fini insisterebbe per i contratti anche se Tremonti gli ha detto che non ci sono soldi, e «tagliare le pensioni di chi ha lavorato 40 anni, per finanziare il rinnovo dei contratti del pubblico impiego - tuona Cè - è un'ipotesi inaccettabile».