Fini a Berlusconi: «Giusto peso agli alleati, An e Lega non sono sullo stesso piano, Bossi ha troppo»
O tre ministeri. L'uomo forte dell'esecutivo Berlusconi potrebbe vedere presto dividersi la poltrona sulla quale siede. Che sia finito nel mirino nelle ultime settimane è chiaro a tutti. Ma Bruno Tabacci, il presidente della commissione Attività Produttive della Camera, lascia intravedere cosa potrebbe accadere nei prossimi mesi, forse all'inizio del prossimo anno. Proprio mentre il leader del suo partito, Marco Follini, s'avvia ad entrare a Palazzo Chigi per essere ricevuto da Silvio Berlusconi, Tabacci, adagiato su un divanetto del Transatlantico, si lascia scappare: «Be', non è possibile che cinque ministeri devono far capo ad una sola persona». Eccola lì, buttata come una carta nel cestino, quella che potrebbe essere la soluzione della quasi crisi di governo (certamente crisi nella maggioranza). O almeno quella che è la richiesta dell'Udc, appoggiata anche da An. E qual è questa quasi soluzione alla quasi crisi? La «sola persona» è il bersaglio numero uno di questa fase politica: Giulio Tremonti. I cinque dicasteri sono Bilancio, Tesoro, Finanze, Partecipazioni Statali, Mezzogiorno riuniti in un unico ministero, l'Economia. Il punto, dunque, è riaprire i termini della legge Bassanini, la legge che ha accorpato i dicasteri creando i superministeri dell'Economia, ma anche delle Attività Produttive, del Welfare, delle Infrastrutture e Università. L'ipotesi sulla quale si sta lavorando all'interno del governo è quella di smembrare l'attuale superministero di Tremonti e di re-instituire i ministeri del Mezzogiorno, in modo da riequilibrare l'asse nordista guidato dalla Lega, e delle Partecipazioni Statali, nominando a gennaio due nuovi ministri. A Tremonti in sostanza resterebbero le Finanze, parte del Bilancio e del Tesoro. È questa la soluzione che è stata oggetto degli incontri o dei colloqui che Berlusconi ha avuto con i leader del centrodestra. Il premier ha visto per primo il vicepremier Fini, il quale è rimasto per tutto il giorno in ufficio, parlando con pochissime persone, teso, scuro in volto. «Je rode», ha detto in romanesco uno sei suoi. Je rode che è saltata la cabina di regìa, ma ancora di più lo sfilacciamento nella maggioranza e la questione delle questioni è Bossi. «Caro Silvio, così non si può andare avanti - avrebbe detto Fini - È davvero inconcepibile che la Lega abbia tutto questo peso. Che firma un accordo in cui è prevista la cabina di regìa e il giorno dopo manda tutto all'aria». E ancora: «Oramai (il Carroccio ndr) ha una condotta incontrollabile e politicamente indifendibile, ogni giorno è una sorpresa». Di qui l'invito: «Silvio, riprendi in mano il timone». Esce Fini ed entra Follini, al quale Berlusconi innanzitutto rappresenta la sua preoccupazione per quanto appena ha ascoltato. Ma non serve a disinnescare il leader dell'Udc che è partito a testa bassa: «Silvio la coalizione ed il governo sono assolutamente schiacciati a livello di immagine dalle uscite sempre più incontrollabili e sopra le righe dei leghisti. Vogliamo parlare della storia delle cannonate agli scafisti? O dell'ultima sceneggiata di ieri sull'indultino? E del voto dell'altro giorno con la sinistra? Insomma, è evidente che questo è il problema principale per il governo e per la maggioranza e tu sei l'unico in grado di porvi rimedio...». Il punto è proprio questo. Sia Fini che Follini (che dirà poi: «Non esiste un alleato a statuto speciale», hanno tutti gli stessi obblighi e doveri) sono convinti che Berlusconi sottovaluti tutto, minimizzi troppo. Prenda sottogamba le sparate di Bossi, continui a dare un grande peso senza freni al Carroccio, scherzi troppo sulla verifica e sul malcontento degli alleati. A conferma di tutto ciò, Follini, uscito dall'ufficio del Cavaliere, ha fatto tappa in quello del vicepremier. Bossi fiuta l'aria, e ha la conferma più tardi quando sente a telefono Berlusconi: è stato messo sotto accusa e il Cavaliere in parte condivide. E allora, dopo una giornata in cui i suoi ne h