MANCA DUE VOLTE IL NUMERO LEGALE: L'ULIVO ABBANDONA
Legge Gasparri, bagarre al Senato
Il disegno di legge Gasparri - appesantito da circa 5.400 emendamenti, quasi tutti a firma di Ulivo e Rifondazione comunista, nove sono invece dell'Udc - ha catalizzato le tensioni della giornata, facendo da cassa di risonanza. Su tutte le votazioni l'opposizione chiede infatti la verifica del numero legale o la votazione elettronica. Si è votato l'articolo 1, c'è stata una sospensione, poi si è passati all'articolo 2. Il tutto è andato avanti a rilento a causa delle continue verifiche. L'articolo 3 è stato approvato con voto segreto. Ed è scoppiato il caos. Per protesta, l'Ulivo ha abbandonato l'Aula, lasciando appena un «presidio» di 20 senatori per appoggiare la verifica di richiesta di numero legale. Con la replica del ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri - e la difesa di uno dei punti chiave, tra i più discussi, della legge - è ripresa al Senato la discussione generale sul ddl che porta il suo nome. Per il ministro i limiti antitrust posti dal disegno di legge di riforma del sistema radio-tv sono «credibili, perché impediscono da un lato il crearsi di posizioni dominanti, dall'altro il nanismo imprenditoriale, che aprirebbe la strada alla colonizzazione del mercato italiano da parte di grandi imprese internazionali». Gasparri ha ribadito che il ddl «risponde alle esigenze sottolineate dal Presidente Ciampi» nel suo messaggio alle Camere di un anno fa, garantendo «maggiore pluralismo, diffusione delle nuove tecnologie» e tenendo conto «della riforma della Costituzione in termini di maggiore spazio alle Regioni e delle indicazioni della Ue». Per il ministro il ddl punta alla «modernizzazione del sistema», ribadendo la fine del 2006 come data per il passaggio definitivo al digitale, favorisce le tv locali «introducendo norme di sostegno economico, ma anche rendendo possibile la crescita del settore», contempla «l'importanza della tutela dei minori», cui è dedicato espressamente l'articolo 10. Gasparri ha difeso anche l'apertura della Rai ai privati, «che vuol dire apertura a una maggiore logica di mercato» e la «norma di garanzia» rappresentata dalla necessità che il presidente della tv pubblica venga nominato con una maggioranza di 2/3 della commissione di Vigilanza. In ogni caso, ha concluso il ministro, «non siamo qui blindati. Il governo è aperto, e del resto lo è sempre stato finora, a questioni e approfondimenti».