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di FABRIZIO DELL'OREFICE POTREBBE cambiare nuovamente la legge sul riassetto televisivo, ...

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L'Udc, il partito del presidente della Camera, che proprio a Montecitorio aveva mostrato le sue perplessità, al Senato, dove ieri è iniziato il dibattito sul ddl Gasparri, ha presentato una pacchetto di emendamenti (primi firmatari Antonio Iervolino e Maurizio Eufemi). Per la Rai si propone la decadenza dell'attuale consiglio di amministrazione dal 28 febbraio 2004, in contrasto con quanto annunciato da relatore Luigi Grillo (Forza Italia) di lasciare in carica l'attuale vertice aziendale: una scelta avallata dallo stesso Gasparri. Tornando all'Udc, secondo il partito di Follini la norma asimmetrica sull'editoria dovrebbe valere fino a che non sia avvenuta la «completa e definitiva» transizione al digitale e novità sono in arrivo anche sulla pubblicità. Gasparri, appena giunto a Palazzo Madama, si è appartato con i senatori centristi per un "mini-vertice". Il ministro si sarebbe dichiarato disponibile a esaminare le richieste di modifica ma avrebbe anche avvertito che «la questione coinvolge i vertici» del governo. Sgattaiola via il sottosegretario alle Comunicazioni, Giancarlo Innocenzi, che si limita a ripetere: «Stiamo valutando, stiamo valutando». E mentre la valutazione è in corso, la seduta al Senato viene sospesa e la conferenza dei capigruppo fa slittare di un giorno il voto finale sul ddl (ora è previsto per il 17 luglio). Torna lo spettro dell'aprile scorso, quando alla Camera un voto segreto fece tornare i franchi tiratori che stravolsero il testo, appena rimesso in sesto a Palazzo Madama. Gli emendamenti dell'Udc maggiormente significativi, soprattutto dal punto di vista politico, sono una decina. Che si vanno ad aggiungere agli oltre cinquemila presentati dall'opposizione. Tanto che il capogruppo di Forza Italia, Renato Schifani, parla di «ostruzionismo». In effetti il centrosinistra è sempre più nelle mani di girotondi e affini, anche ieri in piazza. Sono loro, assieme alla Cgil, a dettare la linea, annunciando una grande stagione di mobilitazione, probabilmente già da settembre, contro il ddl «che dice l'esatto opposto di quanto prevede la Costituzione e che consolida l'attuale assetto di monopolio lasciando irrisolti i veri problemi del settore», come dice il segretario del sindacato, Guglielmo Epifani. A partecipare al loro presidio davanti palazzo Madama i vertici dell'Ulivo: dal capogruppo Ds Gavino Angius al capogruppo Margherita, Willer Bordon, da Rifondazione Comunista ai Comunisti italiani e ai verdi. Presenti anche l'Usigrai, Articolo 21, il Condacons e una rappresentanza dei Girotondi oltre al segretario nazionale dell'Fnsi Paolo Serventi Longhi. «Vogliamo aprire - spiega Epifani - una grande stagione di mobilitazione delle coscienze perché ritorni al centro dell'attenzione del paese l'abnormità di quello che sta succedendo. Questa legge indigna una parte consistente del paese e crea sospetti in Europa. Ma è una battaglia che non ci spaventa perché questo Golia contro cui combattiamo potrà pure dettare le condizioni ma non vincere». E mentre fuori dal Senato va avanti la protesta, all'interno proseguono le mediazioni nella maggioranza. Gasparri si chiude in aula a sentire il dibattito, poi lascia i banchi del governo e si apparta con il presidente Marcello Pera, quindi esce un attimo e discute con il ministro Giovanardi (Udc). In un angolo della Sala Garibaldi, il transatlantico del Senato, Iervolino discute con gli altri del gruppo. Passa Eufemi e fa al collega di partito: «Dammi gli emendamenti, li devo mandare via fax a via Due Macelli. Li vuole vedere Follini». In aula si va avanti e in serata arriva un po' di sereno. Al voto sulle questioni pregiudiziali che venivano poste dall'Ulivo, la maggioranza tiene. Tanto che lo stesso Gasparri cerca di svelenire il clima e si dice «soddisfatto» per l'esito del voto perché «si è concluso con una posi

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