I sindacati minacciano scioperi

La Triplice resta sul piede di guerra: le pensioni non si toccano. E anche il sindacato vicino alla destra minaccia: «Di questo passo ai pensionati non resta che la povertà». Insomma, inizia in salita la strada di Gianfranco Fini alla guida della cabina di regìa che dovrà varare le riforme economiche, politiche e sociali. La Cisl ribadisce che se la riforma delle pensioni sarà «strutturale, la risposta del sindacato sarà decisa». Il segretario generale del sindacato, Savino Pezzotta, precisa che «le risposte del sindacato sono tante, compreso lo sciopero». Il leader della Cisl sottolinea che «non c'è oggi l'esigenza economica, almeno dal punto di vista dei costi previdenziali, di interventi che modifichino la struttura del sistema previdenziale». Per questo se il governo vorrà «far cassa sulle pensioni troverà la risposta del sindacato». Più deciso il leader della Cgil Guglielmo Epifani: «Siamo preoccupati per le condizioni dei lavoratori, il governo pare orientato a intervenire pesantemente sul sistema previdenziale contrariamente a quanto Cgil, Cisl e Uil ritengono che vada fatto». Che aggiunge: «Se questo avviene è un modo per riconoscere il fallimento della politica economica finanziaria del governo che pensa a trasferire gli oneri sui lavoratori e pensionati. Anche se l'idea che pare palesarsi di trasferire una parte di eventuali risparmi su famiglie e sanità - incalza Epifani - è un modo singolare perchè vorrebbe dire che con i contributi dei lavoratori si finisce di finanziare riti che dovrebbero essere finanziati da tutta la collettività. Ed è - conclude il segretario della Cgil - assolutamente inaccettabile». Il segretario generale dell'Ugl, Stefano Cetica, afferma che «con il sistema contributivo e senza la possibilità di costruirsi una adeguata rendita con i fondi complementari i pensionati dei prossimi anni sono già destinati alla povertà perchè percepiranno meno del 50% dello stipendio: non capiamo cos'altro c'è da tagliare in queste condizioni». Il ministro del Welfare Roberto Maroni frena e si dice contrario ad intervenire, in particolare, sulle pensioni di anzianità. «La decisione è politica - afferma il ministro - non è una questione tecnica, penalizzare o no le pensioni di anzianità è una questione politica». Bisogna poi capire se la delega sulle pensioni «va modificata, riscritta o lasciata così com'è», perché questo nel vertice del centrodestra non è stato detto.