Sugli alloggi della Difesa in 50 votano con l'opposizione, FI protesta. Il decreto viene ritirato
Il centrosinistra esulta: la verifica di governo la stanno facendo in aula. Ma il partito di Fini smentisce connessioni tra il voto e il dissidio tra premier e vice, anche se è proprio il tema del decreto (presentato dal ministro Tremonti) in esame a far pensare ad una relazione: la vendita degli alloggi pubblici, questa volta quelli della Difesa, una delle ragioni che i finiani avevano indicato come motivo della recente sconfitta elettorale nelle provinciali di Roma. E Palazzo Chigi fa sapere che sarà ritirato tutto il provvedimento. Insomma, un'altra giornata ad alta tensione per il centrodestra che si intreccia con Strasburgo, dove l'ennesimo incontro tra Berlusconi e Fini sulla costituenda cabina di regìa del governo non ha sortito grandi effetti, visto che del nuovo organismo appaiono ancora del tutto fumosi ruolo, compiti e soprattutto poteri. È ora di pranzo e, proprio mentre a Strasburgo il premier sta svolgendo la sua replica all'eurodeputato Shultz, a Montecitorio si sta discutendo del decreto sulla vendita degli alloggi dei militari. Rifondazione chiede di favorire gli acquisti collettivi degli appartamenti pubblici (basta l'accordo del 50% degli inquilini e non più dell'80%) per far scattare il supersconto del 15% sul costo della casa. Teodoro Buontempo (An), che sta dando battaglia sul provvedimento, ha presentato un emendamento simile e chiede a tutto il suo partito di sostenere la richiesta dell'opposizione. Arriva l'ok di La Russa e il governo va sotto nel voto: in 50 votano con Rifondazione. I finiani si stringono attorno al loro capogruppo. Storace si congratula: «An ha determinato l'affermazione di un diritto che, soprattutto nella città di Roma, era stato messo in discussione». E annuncia: «Alla prossima riunione di Giunta porterò l'approvazione la legge tendente ad assimilare il patrimonio immobiliare degli enti di previdenza presente nel Lazio all'edilizia residenziale pubblica». Fini fa sapere: «Non ci sono stati franchi tiratori, ma è una scelta del gruppo». Alla Camera esplode lo scontro nella maggioranza, tanto che il voto viene interpretato come uno schiaffo di An a Tremonti, dopo gli screzi delle ultime settimane. La Russa nega ma avverte il governo che «troppo spesso» fa arrivare in Parlamento i decreti con eccessivo ritardo, rendendoli di fatto inemendabili. Sempre Storace è più esplicito: «Ora la verifica sia una cosa seria» Forza Italia non ci sta. Afferma il capogruppo Elio Vito: «Mi risulta incomprensibile votare a freddo un emendamento di Rifondazione senza averne capito gli effetti e la portata». E Napoli aggiunge: «An che vota con il Prc è l'unione del diavolo con l'acqua santa» e quanto accaduto oggi in aula «è grave: An, con il suo comportamento ha inviato un segnale politico a Berlusconi e all'asse Tremonti-Bossi in vista della programmata verifica». Leone tuona: il metodo di An «è inaccettabile». Rivolta parla di «sciacallaggio» e la Bertolini sostiene che «adesso è Fi a chiedere un chiarimento e a spingere per la verifica». La Lega si spinge oltre: «È stato un comportamento vergognoso», dice Rossi. Ma il capogruppo Cè comprende: «Quando un intero gruppo di maggioranza vota un emendamento dell'opposizione, è chiaro che si vuole lanciare un messaggio». Il governo non minimizza: «Il voto di un gruppo della maggioranza a favore di un emendamento dell'opposizione non trova giustificazione alcuna e induce il governo ad abbandonare il provvedimento», dice il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi. Nel centrosinistra c'è aria di festa. Per Luciano Violante (Ds) «in stato di grave crisi» e per Pierluigi Castagnetti (Margherita) è «allo sbando». «La verifica della maggioranza è in corso...», dice Franco Giordano (Prc). Le associazioni degli inquilini cominciano già a mettere in discussione l'operazione, in corso, di cartolarizzazione Scip2: il Governo, osserva il Sunia, non può non tener conto