Confindustria lancia il suo appello: «Più coerenza nella maggioranza»
Arriva l'appello degli industriali. È il leader di Confindustria, Antonio D'Amato, ad avvertire: «Eravamo abituati all'interno della sinistra alla litigiosità e alle contraddizioni ma non eravamo abituati - prosegue D'Amato - a vedere in quella che è l'attuale maggioranza una tale contrapposizione». «Serve più chiarezza - prosegue D'Amato - anche nell'agenda di Governo perché non vi siano incertezze in questa fase importante, sia sul piano delle questioni interne che su quello del semestre dell'Ue. Quest'ultimo è per il Paese una straordinaria opportunità e non lo si può affrontare affidandosi solo alla grande disponibilità degli imprenditori italiani. Il Paese - conclude D'Amato - deve crescere, non essere trainato». Per il numero uno dell'associazione di viale dell'Astronomia «dobbiamo riproporre una ricetta di politiche di sviluppo e riforme perché sono trenta anni che, in questo senso, l'Italia ha scelto di non fare». «Il Paese non ha un declino industriale, ma gli industriali sono infastiditi dal fatto che si cerchi di scaricare sulle imprese la responsabilità di un declino che risale a trenta anni fa ed è attribuibile a riforme non fatte, fatte male o fatte a metà». Infatti, per D'Amato «nel corso degli ultimi trent'anni con conflittualità sociali, rigidità del mercato del lavoro e mancanza di flessibilità, il sistema industriale è stato messo di fronte a forti difficoltà - ha aggiunto D'Amato. Ci sono molti anni alle nostre spalle di "non scelte". L'Italia, in questo periodo, ha perso ogni appuntamento con le riforme». Il presidente di Confindustria ha fatto l'esempio dei recenti problemi energetici. «Sull'energia, ha detto, abbiamo scelto di non scegliere con il referendum sul nucleare, ma così, come sull'energia e su tante altre scelte, l'Italia ha scelto di non fare». Per tutti questi motivi D'Amato ha sottolineato la necessità di portare avanti una ricetta di politiche di sviluppo e riforme che veda protagonista il governo con maggiore chiarezza e coesione all'interno della maggioranza. D'Amato si è quindi soffermato anche sulla concertazione e sull'intesa che porta la firma dell'allora presidente del consiglio, Carlo Azeglio Ciampi. «L'accordo del 23 luglio 1993 - sono ancora le parole del presidente di Confindustria - fu l'unico vero momento di concertazione, da allora in poi ci fu soltanto scambio consociativo». Quell'accordo «portò a un atteggiamento più forte di sindacati e imprese contro il nemico comune rappresentato dall'inflazione», ha commentato ancora, aggiungendo poi che «fu fatto per necessità, perchè l'allora presidente del Consiglio Ciampi chiamò le parti sociali quando l'Italia era ormai sull'orlo del baratro». D'Amato ha poi ricordato che negli anni '80, «quando i sindacati confederali erano in crisi di rappresentatività dopo la marcia dei 40 mila, Confindustria scelse di rafforzare il ruolo del sindacato per averlo come interlocutore con cui fare relazioni industriali di qualità». Quanto alla concertazione, invece, dal 1993 in poi «le relazioni industriali si sono articolate su un puro scambio corporativo di riconoscimento reciproco, in un disegno pericoloso che ha portato al diritto di veto incrociato».