Immigrati, Gheddafi vuole fare sul serio
Convergenza di vedute tra Italia e Libia sui rischi devastanti provocati dai flussi incontrollati
Sono le direttrici lungo le quali si è sviluppata l'azione del Governo che porterà mercoledì prossimo alla firma a Tripoli di un accordo di collaborazione tra Italia e Libia per un'azione di prevenzione del fenomeno. Come ha spiegato il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu si tratterà di un'operazione di pattugliamento delle frontiere da parte delle forze di Polizia dei due Paesi che agiranno in stretto raccordo e nel massimo rispetto della sovranità della Libia. I dettagli sono stati definiti ieri mattina dallo stesso Pisanu nel corso di un incontro col presidente del Consiglio a villa Certosa in Sardegna. Sui particolari (si parla, tra l'altro, di una richiesta di ausili tecnici, come visori speciali per la sorveglianza notturna, da parte delle autorità libiche) Pisanu è stato molto riservato, anche perchè l'accordo dovrà tener conto - come ha sottolineato lo stesso ministro - dei limiti posti dall'embargo Ue. Uno «status» che l'Italia confida («e il premier si sta battendo da tempo in questo senso» ha sottolineato il titolare del Viminale) possa comunque cessare in tempi brevi per consentire alla Libia di rientrare e collaborare in pieno - su questo e altri temi cruciali, come il terrorismo - con la comunità internazionale. L'annuncio del prossimo accordo con la Libia si è aggiunto alla «perfetta identità di vedute» sui temi principali della sicurezza che si è registrata nel vertice bilaterale italo-francese tra Pisanu e il suo omologo Nicolas Sarkozy. Proprio il ministro dell'Interno transalpino ha rimarcato, nella conferenza stampa congiunta con Pisanu, il pieno sostegno all'azione dell'Italia, annunciando anche di aver chiesto che durante il semestre di presidenza dell'Ue si rafforzino alcune azione di deterrenza contro l'immigrazione clandestina e il terrorismo (dall'inserimento dei dati biometrici sui visti all'obbligo di vistare il passaporto per gli extracomuntiari che entrano nell' area di Schengen). Tutti elementi che si inquadrano in quelle azioni concrete che, in qualche modo, servono a testimoniare della volontà di «operare coi fatti» per frenare il fenomeno di ingressi illegali in Europa e le risorgenti minacce eversive. L'accordo di mercoledì con la Libia rappresenta - come hanno osservato fonti del Viminale - una prima chiara risposta politica a un problema difficile e delicato come quello dell'immigrazione clandestina. Ad attendere l'esito di questo accordo sull'immigrazione clandestina è anche l'isola di Lampedusa. Gli abitanti di Lampedusa guardano a quel Paese sperando che mercoledì a Tripoli il ministro dell'Interno Beppe Pisanu chiuda una buona intesa con le autorità libiche. Nessuno avrebbe immaginato che il Paese nordafricano, che il 15 aprile 1986 lanciò due missili Scud da 6 tonnellate verso Lampedusa, sarebbe un giorno diventato fondamentale per chiudere una delle cerniere che possono impedire la partenza dei barconi della speranza verso l'Italia, ed evitare pesanti ricadute, principalmente economiche, per l'isola e tutto il Paese. Il sindaco di Lampedusa Bruno Siracusa dice: «Fare accordi coi paesi rivieraschi africani è la strada giusta per limitare l' immigrazione clandestina. Lo avevamo indicato tutti. Mi pare che gli accordi bilaterali abbiano portato successi con altri Paesi come l'Albania, l'Egitto, la Tunisia». La stagione turistica di Lampedusa intanto non procede al meglio. L'allarme immigrati, i traghetti che si rompono, la tratta sociale aerea che parte da Trapani e non da Palermo, secondo l'ex sindaco Totò Martello, che è anche albergatore, hanno fatto calare almeno del 35% le presenze sull'isola.