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Fini-Tremonti, il match è ancora al primo round

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In vista della verifica nuovo incontro tra vicepremier e ministro dell'Economia. Restano tutte le distanze

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E neanche la spinta che arriva da Salonicco per bocca di Berlusconi («Il governo ha sempre agito con collegialità») serve a molto. Tanto che al termine di un lungo incontro a via XX settembre, nella sede del ministero dell'Economia, tra il titolare del dicastero e il vicepresidnete del Consiglio, le distanze restano. Restano tutte. Resta per esempio quell'accusa di An rivolta al ministro di Sondrio di agire troppo a vantaggio del Nord, troppo per conto suo, anche sulle materie maggiormente delicate. E non serve a molto ricordare che lo spazio di manovra di Tremonti è stato molto limitato in questi due anni di governo. A sentire un colonnello di An la risposta è secca: «C'è mezzo euro in cassa? Benissimo, è la politica che deve decidere dove deve andare». E un altro è ancora più chiaro: «È la politica che governa l'economia, non può essere il contrario». Gira e gira il problema è sempre lì. An avverte di contare poco nelle scelte del governo che contano, ovvero quelle economiche. E che l'incontro tra Fini e Tremonti, il terzo in tre giorni (a palazzo Chigi martedì, in consiglio dei ministri e all'Economia ieri) non sia andato molto bene lo si capisce anche dalle parole del portavoce di An, Mario Landolfi: «Hanno cominciato a parlare delle questioni di metodo poste dal vicepremier nel colloquio con Berlusconi: collegialità, consiglio di gabinetto, dipartimento economico». Hanno dunque cominciato a parlare, la soluzione appare lontana. La maggiore collegialità reclamata dalla destra potrebbe trovare sfogo nella realizzazione del consiglio di gabinetto (tanto caro al ministro Alemanno) in cui far sedere tutti i leader della coalizione che sono anche nell'esecutivo. Ma anche nel rafforzamento del dipartimento economico. In realtà An quando parla di questo organismo si riferisce al dipartimento degli affari economici, presieduto da Gianfranco Polillo (tanto caro al ministro Alemanno), che è stato capo del servizio studi della Camera nell'era del centrosinistra. Di simpatie socialiste, è stato portato da Tremonti a via XX settembre come capo della sua segreteria tecnica. Poi è entrato in rotta di collisione con il ministro ed è andato a Palazzo Chigi (o meglio a via Barberini dove ha sede il dipartimento della Presidenza del Consiglio). Berlusconi ha stima in lui e di recente lo ha nominato anche nella commissione per la riforma fiscale. Potrebbe avere più spazio. Ma sono tutti temi che verranno approfonditi la settimana prossima. Bossi sente puzza di bruciato e avverte: «Io di verifica non so nulla ma so che bisogna ritrovare il cuore della coalizione e fare le riforme, se no la gente ci manda a quel paese». «Adesso si va tranquillamente di nuovo verso una bella rincorsa», sostiene il premier dalla Grecia, che cerca di mediare. E se da un lato dice che «c'è sempre stata una collegialità nelle decisioni del governo e tutti hanno sempre potuto presentare le loro posizioni»; dall'altro ammette: bisogna «dare ora a tutti la possibilità di intervenire nelle decisioni che riguardano l'economia». I centristi dell'Udc, invece, si dicono «già pronti ad un dialogo collegiale, senza ulteriori preliminari». E il premier vedrà nella prossima settimana anche i vertici di Forza Italia, che indicheranno naturalmente le loro priorità, così come hanno già fatto gli altri partiti della coalizione. F. D. O.

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