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Bertinotti dice «sì» all'intesa con l'Ulivo

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Così ieri la Direzione del Prc, a poche ore dal negativo risultato delle urne, è stata tutta «in prospettiva», mirata cioè alla possibile futura alleanza con l'Ulivo, dal quale di concerto sono giunte corali incitazioni. Per Bertinotti, una collaborazione con l'Ulivo in vista del 2006, «non deve essere tra due ma fra più». Il leader del Prc, all'inizio del direttivo di ieri e in vista della direzione del 24 giugno e del Comitato politico del 28 e 29, precisa: «Dire però che l'accordo è già fatto è grottesco, così come pretendere un esito prestabilito del percorso». «C'è - osserva - una linea di marcia per la ricerca di un intesa tra "molti", ma che la cosa riesca non è detto». La linea del segretario per un accordo tra Rifondazione, l'Ulivo ed i movimenti in opposizione al governo Berlusconi, passa, ma non in modo travolgente. Il documento Bertinotti ottiene 20 sì, 5 no della minoranza e 11 astensioni del gruppo «Ernesto», che ha votato il proprio documento. Bocciato (3 sì e 2 astensioni) il documento di Marco Ferrando, che chiedeva la convocazione del congresso straordinario del partito. Dall'Ulivo, inviti reiterati. Nei Ds Bassolino chiede un accordo di governo comprendendo nell'operazione anche una quota di ministri per il Prc in caso di vittoria delle sinistre alle politiche del 2006. E il coordinatore della segreteria della Quercia, Chiti, si dice d'accordo. L'idea piace anche a Cento (Verdi), e a Dario Franceschini coordinatore dell'Esecutivo della Margherita, che dichiara: «Nulla in contrario, ma non parlerei ora di ministri di Prc o di Idv per la saggia regola popolare di non mettere il carro avanti ai buoi». E perfino il Pdci, con Diliberto, auspica «ci possa essere un accordo di governo col Prc», anche se questo sembra «difficile». Sui risultati del referendum, peraltro, è interessante lo studio effettuato dall'Istituto Cattaneo di Bologna. «I voti per il "Sì" sono - si rileva - significativamente superiori alla somma dei voti dei singoli partiti che appoggiavano il "Sì" al referendum; e corrispondono a circa i due terzi dei voti ottenuti dal centrosinistra più Rifondazione nelle elezioni politiche 2001». «La percentuale di "Sì" sul totale dei voti al centrosinistra del 2001 - si osserva ancora - è più alta laddove il centrosinistra è più debole e nelle zone economicamente meno sviluppate». Il numero di voti al «Sì», rispetto alla forza elettorale nel 2001 dei partiti che hanno dato indicazione di votare «Sì» (Rifondazione, Verdi, Comunisti italiani, Italia dei valori) è stato 10,2 milioni: oltre il doppio dei voti presi nel 2001 dalle stesse forze (4,5 milioni). «Rispetto all'ipotesi minimalista che solo gli elettori dei partiti esplicitamente schierati per il "Sì" avrebbero votato "Sì" - argomentano gli analisti bolognesi - il risultato è stato nettamente superiore alle aspettative». Intanto, qualche problema si manifesta nella Cgil. Una parte della dirigenza della Cgil (quella più vicina a Cofferati), che aveva chiesto di non prendere posizione per un referendum «sbagliato» e che divideva lo schieramento per i diritti. ribadisce che l'essersi schierati per il «sì» è stata una scelta sbagliata. D. T.

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