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Più votanti all'estero che sul territorio nazionale

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Il ministro Tremaglia soddisfatto: il 25 per cento dei concittadini del mondo ha mandato la scheda

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18a tutti i lavoratori e l'altro per eliminare l'obbligo di concedere il passaggio agli elettrodotti). Alle ore 19 l'afflusso alle urne era del 10,4 per cento degli aventi diritto, e alle 22 del 17,5 per entrambe le questioni (si può infatti, volendo, votare anche per uno solo dei due quesiti). Netto, peraltro, il miglioramento rispetto al magro 4,5 per cento registrato alle ore 12. Come è noto, se non si raggiunge una partecipazione al voto di almeno la metà degli elettori più uno, la consultazione è nulla e si va avanti come se non fosse stata fatta. Finora l'afflusso più basso si era visto per il gruppo di referendum del 15 giugno 1997 (riguardanti fra l'altro carriere dei magistrati, ordine dei giornalisti, caccia, obiezione di coscienza): alle ore 11 fecero registrare il 5,1 per cento e, alle 17, il 13 (finirono intorno al 30 per cento). Va ribadito ancora una volta, tuttavia, che lo scarso afflusso della giornata di ieri può non essere significativo rispetto all'esito finale, e che le urne sono aperte fino alle ore 15 di oggi, dopo di che comincerà subito lo spoglio che si prevede veloce. Caso a parte quello della partecipazione al voto dei cittadini italiani residenti all'estero. Ha fatto registrare un 25 per cento circa, ha detto il Ministro per gli Italiani nel Mondo, on. Mirko Tremaglia, che si è recato ieri mattina all'aeroporto di Fiumicino per «accogliere» i sacchi sigillati contenenti le migliaia di schede votate dagli italiani residenti in Sud America, e che ha dichiarato che la quota raggiunta, tenendo conto delle numerose difficoltà che si sono dovute superare, «rappresenta una significativa testimonianza dell'interesse e della volontà dei connazionali nel mondo di partecipare attivamente alla vita politica del Paese». Dal leader più in vista dei sostenitori dei «sì», Bertinotti, ieri pomeriggio, un altro incitamento a recarsi alle urne: «Non permettiamo - ha dichiarato il segretario di Rifondazione comunista - che il generale caldo unito al generale oscuramento, diano un colpo alla democrazia. Rechiamoci a votare». Per il Prc, che ne è stato (unitamente a Verdi, Pdci e alla Cgil) forte sostenitore, questo referendum assume una importanza particolare. Il lancio dell'iniziativa infatti ha creato difficoltà all'interno della sinistra che nelle sue diverse articolazioni si è divisa e ha subito parecchie spaccature interne come quella nei Ds. Il risultato referendario infatti arriva poco dopo il successo dell'opposizione alle elezioni amministrative dovuto anche e non secondariamente alla stretta alleanza che il Prc ha stretto con l'Ulivo. Dato che ora si pensa di stabilizzare questa alleanza, è evidente che dall'analisi dettagliata dei voti del referendum usciranno dati significativi per gli equilibri nei partiti e fra i partiti componenti l'arcipelago delle sinistre. Il discorso interessa parecchio anche i Ds, dove c'è stato contrasto interno forte e dove la sinistra interna ha «disobbedito» rispetto alle indicazioni della maggioranza, schierandosi seccamente per il «sì», invece che per l'astensione predicata dal segretario Fassino. Meno appariscente, ma non meno consistente, il problema per la Cgil di Epifani che, partita di gran carriera a favore del quesito per l'allargamento delle tutele a favore dei lavoratori ingiustamente licenziati, sembra aver rallentato strada facendo, per arrivare alla vigilia del voto con una spinta e una convinzione che sono apparse soprattutto formali. Fenomeno che è sembrato coincidere con il pronunciamento a favore dell'astensione fatto dall'ex leader Sergio Cofferati che ora ha anche accettato di candidarsi a sindaco di Bologna. Non a caso nei giorni scorsi dagli ambienti confindustriali (Viale dell'Astronomia, come tutte le associazioni imprenditoriali grandi e piccole, si è schierata nettamente contro l'allargamento dell'articolo 18), questa consultazione è

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