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Castro ignora l'indulgenza

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Quella rivoluzione ci sembrava uscita da un film di Glauber Rocha. Tutti cangaceiros, con quel volto straordinario del Che che Korda aveva stampato su milioni di magliette. Neanche Brando in Viva Zapata era riuscito a morire meglio. Nenanche il Cristo del Sammarino. Noi, da tutto il pianeta, si regalava i nostri film ai companeros. Io avevo portato I Guappi, e con me c'erano Guglielmno Biraghi, Sergio Amidei e la Cardinale, inutile dirlo. Dopo poco però qualcosa non quadrava. Non c'era quell'atmosfera vincente, felice, che ci aspettavamo. C'era tristezza. Esaltazione a tratti. Povertà. Paura di parlare. I registi che conoscevo, Solanas, Ruy Guerra, prima celebrati, eraqno finiti nei musei dela memoria. Infastidivano. Si scopriva, di mormorio in mormorio, che una vera rivoluzione non c'era mai stata. Che quello sbarco al Gramma assomigliava troppo alla breccia di Porta Pia. Nel senso che un esercito regolare non si ritira per l'arrivo di quattro gatti spelacchiati se dietro non c'era l'ordine superiore di ritirarsi. E dietro c'era l'ordine degli americani a Batista di farla finita con quel covo di mafiosi che era diventata Cuba. L'errore clamoroso di John. F. Kennedy fu di non ricevere Fidel Castro e Guevara dopo la conquista dell'Avana (come scrisse l'Unità). L'Urss c'entrava assai poco con quella revoluciòn. Tanto che si raccontava una fredura: una volta al potere, Castro doveva nominare i ministri e allora chiese a i suoi «chi di voi è economista?», Guevara alzò il braccio e Castro stupito chiese «Tu ti intendi di economia?». «Oh, no- rispose il Che - io avevo capito, chi di voi è comunista?». Infatti, di comunista c'era solo lui. E da comunista coerente morirà lontano da Cuba e consegnato ai militari dai "compagni" boliviani. Ma torniamo a quei giorni. Dopo avere creato qualche problema all'Università, riuscii finalmente a incontrare il Lider Maximo all'ambasciata italiana. Sapeva di qualche mia intemperanza e, fingendo di parlare ad altri, sussurrò: «La rivoluzione è bella sulla Sierra, quando si combatte, si vince o si muore. Ma quando devi governare sei milioni di anime, il discorso cambia. Noi costiamo un milione di dollari al giorno all'Urss». C'ero e ho sentito. Potrei essere facilmente smentito, ma io so che lo disse. E mi è tornato in mente in questi giorni. Leggendo che accusa Silvio Berlusconi e Josè Maria Aznar di essere «agli ordini di George W. Bush». Mi è anche tornato in mente che in quegli anni ero pronto a perdonare a Castro tanti errori, perché, a mio avviso, aveva restituito dignità a un Paese ridotto a poco più di un pistribolo. Oggi dopo tanti anni, tanti morti, tante torture e tante promesse, ritrovare Cuba come meta del turismo sessuale, non mi consente più alcuna indulgenza.

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