Art. 18, domani al voto. Il quorum resta difficile Secondo il sottosegretario Sacconi l'eventuale vittoria dei referendari non bloccherà la riforma Biagi
Ed assicura che la vittoria del sì non bloccherà l'iter della riforma Biagi. L'eventuale stop alla norma che prevede l'estensione alle piccole imprese della tutela sul licenziamento non preoccupa il sottosegretario al Welfare. «Non cambierebbe granchè visto che si tratta di un piccolo incentivo normativo in via sperimentale. Salterebbe la norma concordata ma l'impianto della legge Biagi verrebbe concluso ancora a maggior ragione» spiega Sacconi. Se, invece, dovesse prevalere l'astensione il testo del disegno di legge in discussione alla commissione Lavoro del Senato non avrebbe bisogno di alcuna modifica. Nell'ultimo giorno di campagna elettorale sono scesi in campo i big dei due schieramenti. Tutto ruota intorno al raggiungimento del quorum. «Non vado a votare perchè è indegno utilizzare uno strumento di civiltà democratica per una faida tra estremismi della sinistra» attacca il presidente di Confindustria Antonio D'Amato. Immediata la replica del leader della Cgil. «Più sì abbiamo, più forti diventano le ragioni di una politica in difesa di chi lavora» sottolinea il segretario generale Guglielmo Epifani che considera l'appuntamento del 15 e 16 giugno «un passaggio importante di una strategia che punta ad estendere i diritti dei lavoratori» senza mettere a rischio la competitività delle aziende. Oltre alle associazioni datoriali, per l'astensione si sono pronunciati anche Cisl, Uil e Ugl. A ben vedere le forze in campo non c'è partita. La stragrande maggioranza del quadro politico (Forza Italia, An, Udc, Lega per la Casa delle Libertà e Ds, Margherita, Sdi ed Udeur per l'Ulivo) punta al fallimento del referendum invitando all'astensione. Mentre per il fronte del sì - composto da Rifondazione, correntone DS, Comunisti italiani, Verdi e lista Di Pietro) - è decisivo il raggiungimento del quorum. Pierluigi Bersani, responsabile economia della Quercia, non andrà a votare. «La vittoria del sì non migliorerebbe le condizioni del lavoro nella piccola impresa e fra i precari ma provocherebbe un'ulteriore precarizzazione in quei rapporti di lavoro» spiega. Opposto il giudizio di Fausto Bertinotti che la considera «un argine contro l'attuale tendenza alla precarizzazione del lavoro» ma riconosce che sarà «difficilissimo» ottenere il 50% più uno dei votanti. Indeciso fino all'ultimo sarà invece l'ex ministro del Lavoro Tiziano Treu ispiratore della normativa sulla flessibilità varata nel '97. «Deciderò alle 14,45 di lunedì. Se i votanti saranno intorno al 30% non andrò; se invece saranno al 49,9% andrò e voterò no». An. Pen.