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«NON è un problema di poltrone».

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Possiamo anche lasciare, anche se non lo abbiamo ancora deciso». Gianni Alemanno, ministro delle Politiche Agricole e leader della Destra sociale (assieme a Francesco Storace), spiega la linea del suo partito. Niente battute, parla pacato al telefono da Lussemburgo in una pausa del rush finale delle delicatissime trattative sulla Pac (politica agricola comune). Ministro, L'Espresso titola una sua intervista: «Silvio, fatti più in là» perché «Fini deve governare fianco a fianco con il premier». È un avviso di sfratto? «Assolutamente no, sono le solite forzature dell'Espresso. Sono frasi che non sono nel testo dell'intervista. Noi chiediamo il contrario. Ovvero di rafforzare la leadership di Berlusconi proprio con la maggiore collegialità. Fini deve poter contribuire al coordinamento dell'attività di governo». Coordinamento su che cosa, ministro? «Voglio ricordare un dato: alla formazione del governo, An ha rinunciato ad avere ministeri cosiddetti pesanti in cambio della vicepresidenza del Consiglio, tra l'altro senza deleghe, appunto perché a Fini fosse assegnato un ruolo di coordinamento. Questo non si è verificato o, se vuole, si è verificato troppo poco». E quindi? «Chiediamo di riavere quel ruolo, istituendo una cabina di regìa a Palazzo Chigi. All'inizio della legislatura era stato istituito un consiglio di gabinetto, ricorda?». Certo, del quale facevano parte tutti i leader della Cdl che sono anche ministri: oltre a Fini, Buttiglione, Bossi e, naturalmente, lo stesso Berlusconi. Che fine ha fatto? «Appunto, ce lo chiediamo anche noi. È nato e ha funzionato poche volte. Invece, credo che sia un utile strumento». Ma l'istituzione della cabina di regìa è stata anche la richiesta conclusiva del congresso di An tenuto a Bologna nel 2002. Che cosa è successo da allora? «Del congresso di Bologna sono stati recepiti gli obiettivi, infatti è stato varato il Patto per l'Italia. Ma non è stato ancora attuato il metodo della cabina di regìa». E perché è mancato il metodo? «Perché siamo stati troppo presi dalle emergenze quotidiane». Maggiore collegialità, ma solo sul ministero dell'Economia o anche su altri dicasteri? «No, il problema non è il ministro Tremonti. Il problema è avere maggiore collegialità in tutti i ministeri». La vostra attenzione è in particolare su quelli economici? «Sono quelli di maggiore importanza. Ma il punto principale, tuttavia, è adeguare il programma, che oramai risale a due anni fa. Anni in cui sono accadute alcune cose importanti, come la crisi internazionale». Insomma, chiedete una verifica pagina per pagina del programma di governo? «Bisogna dare una registrata e soprattutto ridefinire l'agenda delle priorità». L'agenda delle priorità? «Tutte le riforme assieme non si possono fare. Bisognerà scegliere quali fare e in che tempi». Senta, ministro, alla richiesta di An della verifica sembra manchi una parola: altrimenti. Se non otterrete ciò che chiedete, che succede? Lascerete in governo? «No, non abbiamo preso una decisione in merito». La Lega sì, però? «Non siamo la Lega, preferiamo non alzare troppo i toni». Ma avete affrontato questa ipotesi? «Abbiamo avuto e abbiamo un approccio positivo alla verifica. Guardiamo avanti facendo le nostre proposte». Non ponete aut-aut. Ma se la verifica non dovesse prendere una piega positiva? «Diciamo questo: non stiamo al governo per le poltrone. Quindi è chiaro che siamo pronti a lasciarle. Ma è anche vero che se non si apre una fase due del governo, rischiamo di non restare al governo». Ovvero? «Mi pare evidente: alle prossime elezioni la sinistra potrebbe vincere». Un'ultima domanda. La Russa coordinatore ma deve dimettersi da capogruppo alla Camera? «Assolutamente sì. Abbiamo posto la questione dell'incompatibilità. È necessario che del partito se ne occupi uno e a tempo pieno. Quindi...» F. D. O.

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