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Gli ispettori del ministro Castelli non sono riusciti a «strappare» alla procura di Milano il fascicolo 9520/95, che potrebbe «salvare» Previti nei processi Imi-Sir/Lodo Mondadori e Sme. E ora il caso del fascicolo «conteso» è finito al Csm. Si profila una battaglia senza esclusione di colpi. Il primo attacco è partito ieri dai cinque consiglieri laici del Polo di Palazzo dei Marescialli: hanno chiesto al Consiglio di trasferire il pool di magistrati che hanno indagato sull'ex ministro della Difesa - i pm Ilda Boccassini e Gherardo Colombo e lo stesso reggente della procura milanese, Ferdinando Vitiello - per incompatibilità funzionale. Non solo. Hanno chiesto anche di segnalare il comportamento delle «toghe rosse» di Milano ai titolari dell'azione disciplinare, e cioè il Guardasigilli e il Pg della Cassazione. Il Comitato di presidenza dell'organo di autogoverno dei giudici (cioè il vicepresidente Rognoni, il presidente della Cassazione Marvulli e il Pg Favara) ha accolto la richiesta dei cinque laici e ha aperto davanti alle competenti Commissioni la pratica sulla gestione di quei documenti coperti dal segreto istruttorio per accertare appunto se si sia venuta a creare una situazione di incompatibilità funzionale che giustifichi un trasferimento d'ufficio e se vi siano elementi che consiglino di informare i titolari dell'azione disciplinare. Sul fascicolo 9520 avevano focalizzato appunto la loro attenzione gli ispettori spediti a Milano dal ministro della Giustizia. I magistrati però si sono rifiutati di esibire i documenti segreti. I pm milanesi si sono inoltre rivolti al Consiglio superiore della magistratura per chiedere eventuali azioni che «garantiscano l'efficacia, l'indipendenza e l'autorevolezza dell'azione della procura». I pm in sostanza contestano la legittimità della «spedizione» degli 007 di Castelli, che avrebbe, secondo loro, travalicato i limiti consentiti. I pm si sarebbero attenuti - hanno osservato nella lettera a Palazzo dei Marescialli - proprio alle indicazioni date dal Csm in casi simili, e in particolare ai principi dettati nella delibera Csm del 17 maggio 1995: «l'esigenza di non pregiudicare il positivo sviluppo delle indagini». Chi ha ragione? Una risposta a questo interrogativo dovrà darla la Prima Commissione di Palazzo dei Marescialli, presieduta proprio dal laico della Cdl Spangher. La stessa Commissione che ieri ha risposto agli attacchi sferrati da una parte del mondo politico contro la magistratura con un documento, che sarà portato oggi al plenum del Consiglio.

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