Riforma pensioni, centrodestra in ordine sparso
Il Carroccio difende la delega, Udc e An non la considerano un tabù e FI guarda all'Europa
E la riforma dello stato sociale sarà uno dei temi della verifica. Un appuntamento a cui il centrodestra, in materia di pensioni, sembra ormai presentarsi in ordine sparso e con posizioni divaricate con la Lega a difesa della delega e Udc e An più propense a non considerarla un tabù, mentre Fi punta su una indicazione che potrebbe passare attraverso la Ue. An spinge per una verifica richiamando ad un «atto di responsabilità collettiva sul tema della previdenza senza fare delle pensioni un tabù. La delega - spiega il ministro delle Politiche Agricole, Gianni Alemanno - appartiene al passato. Non bisogna ragionare sulla delega ma su nuovi atti futuri ancora da compiere. Noi dobbiamo ragionare su questo tema senza preconcetti, inserendolo in una strategia complessiva di carattere socio-economico». Insomma, «non si può disegnare un quadro complessivo senza fare una verifica seria sulla spesa pensionistica e sull'equità di spesa». Anche il suo collega di partito, il viceministro delle Attività Produttive, Adolfo Urso, ravvede la necessità di «discutere con le forze sociali e produttive con la concertazione e senza strappi sapendo che questo è un nodo che bisogna comunque sciogliere. Poi come farlo - ha precisato conversando - e cioè se con la delega all'esame del Parlamento che noi condividiamo oppure con altre misure aggiuntive, questo sarà oggetto di verifica». Se, quindi, per Alemanno la delega già approvata dalla Camera appartiene al passato, per Urso è comunque un valido punto di partenza anche se, spiega, «la riflessione su incentivi-disincentivi è ancora aperta». Intanto Forza Italia preme per una «Maastricht delle pensioni», una linea su cui si è speso il premier in persona seguito a ruota dagli azzurri il cui responsabile economico, Luigi Casero, ha sottolineato, la necessità di «valutare la linea comune all'interno della maggioranza anche in vista del semestre italiano». Infine l'Udc chiede coraggio agli alleati sottolineando la necessità di un intervento meno blando sul sistema previdenziale rispetto a quello previsto dalla delega. Più volte il leader dell'Udc, Marco Follini, ha lanciato l'allarme sulla insostenibilità della spesa previdenziale invocando un intervento più risoluto. Lasciando così intendere che la strada dei soli incentivi a restare al lavoro non è sufficiente. E l'altro ieri il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini ha parlato del sistema previdenziale come freno allo sviluppo economico. La Lega punta i piedi in difesa delle pensioni di anzianità mentre il suo ministro del Welfare, Roberto Maroni, entra in aperto dissenso con il presidente del Consiglio ritenendo inaccettabile un vincolo europeo puramente finanziario perchè «le pensioni sono innanzitutto un problema sociale. Io sono per una Lisbona delle pensioni -ha ripetuto più volte». Nè ha scelto il silenzio sul tema dei disincentivi a restare al lavoro. Dopo le fughe in avanti rispetto ai contenuti della delega venute da Palazzo Chigi, ha chiesto subito un incontro con il premier e il collega dell'Economia. Precisando però che non vede «come la riforma delle pensioni possa essere oggetto della verifica di governo». Come a dire sul tema previdenza decide chi ne ha la competenza e il vertice a tre serve solo per scelte tecniche sugli strumenti.