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SONO pronti i due ricorsi che la Rai ha intenzione di presentare nella vertenza che contrappone l'azienda a Michele Santoro.

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Uno dei ricorsi è rivolto al grado superiore del giudice del lavoro, il Tribunale collegiale. Il secondo si rivolge invece al giudice che ha trattato il caso e chiede la sospensiva dell'applicazione. Lo scorso 3 giugno il giudice Massimo Pagliarini aveva deciso che la Rai doveva affidare a Santoro un programma di approfondimento giornalistico sull'informazione di attualità «collocato in prima o seconda serata» con puntate tendenzialmente monotematiche e una durata oscillante tra i 90 e i 150 minuti. Ma il Cda il giorno stesso (a maggioranza e con voto contrario della presidente Annunziata), aveva dato mandato al direttore generale di «di valutare e di intraprendere le opportune azioni a tutela della Rai», in quanto riteneva che il provvedimento si profilasse «come una limitazione della libertà d'impresa sancita dalla Costituzione». Intanto, Giuseppe Sangiorgi, consigliere dell'Autorità per le comunicazioni presieduta da Enzo Cheli, ha spiegato il senso del provvedimento nei confronti di «Sciuscià», smentendo di fatto il consigliere di amministrazione della Rai Giorgio Rumi che ieri aveva dichiarato all'Unità: «È stato il garante per le comunicazioni ad interdire Santoro dal servizio pubblico». «L'Autorità non ha interdetto Santoro, ma ha posto un problema più generale di modello informativo. Nelle delibere su Fede e Santoro come in quella su "Excalibur" non censura singoli giornalisti, ma pone alle emittenti pubbliche e private il problema di un corretto modello informativo» ha aggiunto Sangiorgi.

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