LA BOMBA che rovina la giornata dei vertici di viale Mazzini, stravolgendo anche l'ordine del giorno ...
Anzi, come vuole Pagliarini, che da vero esperto in materia, impone alla Rai di «affidare a Michele Santoro la realizzazione e la conduzione di un programma di approfondimento giornalistico». Non solo, ma dispone anche tempi e modi. La Tv pubblica, dice il giudice, deve offrire a Santoro un programma di prima o seconda serata nella collocazione di «Porta a porta, Excalibur, Ballarò». La trasmissione, inoltre, deve essere realizzata a puntate monotematiche e deve avere una durata tra i 90 e i 150 minuti per puntata settimanale, per non meno di otto mesi. E, fatto ancora più grave, non ha nessuna rilevanza per lui la delibera dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni che aveva «condannato» Santoro per non aver rispettato i principi di obiettività e pluralismo. Insomma, Santoro, da martire è diventato santo. La sentenza scatena immediate reazioni de parte dei vertici di viale Mazzini. Se il presidente della Rai, Annunziata, accoglie «con soddisfazione» la sentenza, il resto del Consiglio si ribella. «E allora - si chiede subito il professor Giorgio Rumi - noi che ci stiamo a fare? Del programma siamo responsabili noi, non i giudici». Duro anche il commento del direttore generale, Cattaneo, che solleva il dubbio che l'ordinanza entri in questioni di carattere editoriale «con vincoli e indicazioni che contrastano con i principi della libertà di impresa». Al dg, Santoro manda però un segnale conciliante, che sembra voler chiudere la faccenda ora che è a suo favore: «È proprio in nome della libertà di impresa e di espressione che il mio gruppo chiede di tornare a lavorare». Il CdA si riunisce appena possibile e invece di discutere sul digitale, affronta a brutto muso solo il caso del giorno. Il CdA e Cattaneo, approvano un documento che contesta la decisione del giudice del lavoro. Il documento è votato dai quattro consiglieri, mentre la Annunziata vota contro. I vertici prendono «atto della decisione del magistrato», ma osservano che l'ordinanza «interviene nella programmazione della Rai». Un'ingerenza impossibile da digerire. Poi il Cda «dà mandato al dg di valutare e di intraprendere le opportune azioni a tutela della Rai». La presidente, in evidente difficoltà all'interno del CdA, motiva la sua dissociazione, affermando che «la prosecuzione del contenzioso non farebbe altro che esporre l'azienda a nuove polemiche e al rischio di possibili richieste di riscarcimenti». Poi annuncia che si rivolgerà all'Authority «per verificare se la sentenza non escludesse di fatto l'assunzione di conseguenze disciplinari nei confronti di Santoro». Di fronte alla sentenza è «sconcertato» il ministro delle Comunicazioni Gasparri. «L'ordinanza nega in pratica all'azienda il diritto di fissare i propri palinsesti». «Per me nessuno ha fatto barricate», si limita a dire Giovanni Minoli. «L'odg approvato dal Cda della Rai è ineccepibile perchè difende l'azienda da ingerenze che ne limitano l'autonomia organizzativa, ideativa e creativa», afferma il portavoce di An, Mario Landolfi. Gustavo Selva, di An, critica la decisione definendola «degna del Minculpop, o di un tribunale sovietico». Per Caparini della Lega si tratta «di un golpe della magistratura». Di segno opposto le reazioni del centrosinistra, tutte favorevoli alla decisione del giudice. Soddisfatti anche la Federazione della Stampa e l'Usigrai. I legali di Santoro in serata replicano al CdA, affermando che la Costituzione dà ragione a Santoro. Ma la battaglia non è ancora finita. La prossima puntata a martedì prossimo. Giu.Cer.