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La sinistra si spacca sul Corriere della Sera

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L'Unità attacca: «Se l'è preso Berlusconi». Fassino prende le distanze, Cofferati non ci sta

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Polemiche che, se non toccano la persona del designato, coinvolgono il modo e soprattutto le motivazioni che starebbero dietro all'avvicendamento alla guida del più grande quotidiano italiano. Secondo «l'accusa», De Bortoli (al quale arrivano da molte parti messaggi di ringraziamento per il suo lavoro) sarebbe stato allontanato perché sgradito al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il che rivelerebbe un pericolo di restrizione della libertà dell'informazione. L'Unità ha dato voce a questi timori. Ma il titolo («Si sono presi anche il Corriere») avrebbe provocato l'irritazione del segretario dei Ds, Piero Fassino, che lo avrebbe giudicato «sbagliato». Tant'è che ha mandato poi un messaggio di congratulazioni a Folli nel quale si dice certo che saprà assicurare al Corriere «autorevolezza, indipendenza e spessore culturale». Ma nei Ds non tutti hanno vissuto il cambio di direzione con gli stessi sentimenti di Fassino, e di Massimo D'Alema. Il titolo dell'Unità è piaciuto molto a Pietro Folena, e Fabio Mussi ha il sospetto che il tempo possa rivelare che il quotidiano di Furio Colombo ha «azzeccato» il titolo, visto quanto la proprietà del Corriere si sarebbe mostrata sensibili ai «desiderata» di Berlusconi, allontanando De Bortoli. Anche una figura di prestigio nei Ds come il capogruppo alla Camera Luciano Violante dice che, al di là del valore del giornalista scelto, c'è la questione del «metodo che si è seguito nell'intera vicenda» a dimostrare che «la libertà dell'informazione in Italia è a rischio». E perfino il Riformista, pur senza perdere l'aplomb britannico dei suoi commenti, afferma che «la febbre italiana che affligge la libertà di stampa da oggi ha superato la linea rossa». In serata, poi, scende in campo Sergio Cofferati che ritiene giustificate le «reazioni allarmatissime» provocate dal cambio della guardia a via Solferino. Ma gli strali di Cofferati sono rivolti soprattutto a chi, anche nell'opposizione, ha dato il via ad un «balletto dell'ipocrisia» che nega o che finge di non vedere ciò che è invece evidente: «pressioni e condizionamenti» che hanno impedito al «buon direttore» De Bortoli di restare al suo posto e un «nuovo colpo portato sotto la cintura» al pluralismo dell'informazione. Insomma, la «forma è salva», ma ora - chiude ironicamente - come si può dire che esiste «un problema di mancanza di pluralismo e autonomia nell'informazione per un conflitto di interessi irrisolto e che questo stato di cose divora il tessuto connettivo che alimenta la nostra democrazia?». Queste riserve non sembrano però l'atteggiamento dominante nelle opposizioni, fra le cui fila prevale un'apertura di credito alle capacità di Folli per la difesa dell'autonomia del Corriere. Mentre nella maggioranza si nega che la staffetta sia stata decisa per pressioni governative sulla proprietà. Una insinuazione, afferma Ignazio La Russa, di An, che suona offensiva per un professionista come Folli. È per questo che, come dice Ferdinando Adornato di Forza Italia, è fuori luogo la «guerra preventiva» che parte della sinistra ha mosso alla notizia dell'arrivo di Folli alla guida del Corriere. E quindi, aggiunge il portavoce di An Mario Landolfi, «sfiora il ridicolo» chi, come Violante, afferma che in Italia è a rischio la libertà di informazione dopo la designazione di Folli. Una direttore, osserva il segretario dell'Udc Marco Follini, che ha tutte le caratteristiche per proseguire nel solco tracciato da De Bortoli, che «ha diretto il giornale con sentimenti liberali e grande rispetto dei lettori».

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