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LA REPLICA DEL DEPUTATO DI FORZA ITALIA

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«Nessuna prova, solo fango e veleni per distruggermi»

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Comincia così una dichiarazione di una ventina di righe di Cesare Previti. Venti righe durissime contro la pm Ilda Boccassini. «La pubblica accusa - aggiunge l'esponente di Forza Italia - non è stata capace, nè avrebbe mai potuto esserne in grado, di indicare in nessun modo alcuna partecipazione del sottoscritto a eventi corruttivi, a fatti specifici, a circostanze. Ha solo rimestato nei miei affari personali in modo vergognoso e offensivo, gettando fango e veleni su anni e anni di onorata e rispettabile carriera di avvocato di successo». Secondo Previti, «tutto il lavoro della Boccassini è stato mosso a fini diffamatori, una diffamazione autorizzata dal ruolo che ricopre, che le ha permesso di impostare un processo con il solo intento di distruggere un cittadino e la sua carriera». Quindi, «sarebbe stato più corretto - ha detto ancora l'ex ministro della Difesa -, e la pubblica accusa avrebbe mostrato maggior stile - ma aspirare a questo è pura utopia - se invece di mettere il naso nelle mie parcelle per trasformare integgerrimi e trasparenti onorari nel frutto di una inesistente corruzione, avesse parlato delle numerose prove a discarico trafugate e nascoste dalla setssa Procura per nascondere la verità dei fatti: ciè la mia più totale innocenza». Secondo l'avvocato Alessandro Sammarco, uno dei legfali di Previti, la requisitoria della pm è stata «un'arrampicata su una montagna di congetture con vertiginose cadute nel vuoto giuridico più assoluto». «È paradossale che per un imputato innocente si chieda una pena esemplare, ed è altrettanto paradossale che questa pena venga chiesta dal pm che ancora oggi non ha messo a disposizione i documenti del fascicolo 9520». Secondo il legale del deputato di Forza Italia, «il pm ha compensato il numero di anni richiesto con l'incertezza della prova. Più ci sono dubbi e più si dovrebbe assolvere, invece il pm fa una operazione di compensazione della mancanza di prove». Alla pm che aveva sostenuto che il processo era una questione di democrazia, l'avvocato Sammarco ha risposto: «Mette in pericolo la democrazia un processo ingiusto, un processo che viene utilizzato come strumento di persecuzione di una persona, chiunque essa sia».

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