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Costituzione Ue, battaglia per la religione

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Ancora guerra fra Prodi («Impossibili i compromessi») e Giscard («Aspettiamo proposte»)

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Ieri, giornata di apertura del dibattito sulla bozza della carta costituzionale a Bruxelles, è andato in scena un nuovo atto nella polemica fra Romano Prodi e Valery Giscard d'Estaing. Nel frattempo, si fa sempre più accesa la battaglia del Vaticano, dei popolari europei, dei settori moderati della Convenzione e del governo italiano per ottenere il riferimento al Cristianesimo nel preambolo della Costituzione. Guerra a distanza - Gli strali fra Prodi e Giscard - a due settimane dalla fine dei lavori della costituente della nuova Europa - sono volati a migliaia di chilometri di distanza. L'ex presidente francese ha difeso quello che è stato fatto finora dalla Convenzione da lui guidata: «Si tratta di un lavoro considerevole, destinato a produrre cambiamenti altrettanto considerevoli se verrà adottato» ha affermato Giscard d'Estaing. Di altro tono le parole rivolte a Prodi: «Aspettiamo il suo progetto: se ha energia da spendere, piuttosto che criticare la Convenzione, ci faccia delle proposte». Da San Pietroburgo è volata subito la replica del presidente della Commissione europea: «Questo è il momento in cui possiamo o gettare le fondamenta per la futura Unione o fallire» ha tuonato il presidente della Commisione Ue, dicendosi sicuro «che anche il presidente Giscard d'Estaing vuole essere ricordato come uno dei padri fondatori di una Costituzione europea moderna, non come qualcuno il cui genio è stato soffocato da chi è incapace di ammettere che lo status quo è paralisi per tutti noi». Prodi ha criticato in particolare la mancata estensione su larga scala del voto a maggioranza nell'ultima versione della bozza Giscard. Forse per cercare di placare lo scontro, nel suo intervento alla Convenzione l'ex ministro degli Esteri, Lamberto Dini, ha reagito «contro i soliti euroscettici» che puntano a bloccare i progressi nell'Ue. Le radici cristiane - La bozza globale presentata da Giscard - ma sui nodi istituzionali un ultimo testo sarà pronto solo la settimana prossima - ha suscitato proteste soprattutto sui due punti: l'assenza, nel preambolo, di un riferimento alle radici giudaico-cristiane dell'Europa e la rinuncia, dovuta soprattutto alla resistenza di Londra, a un'estensione del voto a maggioranza qualificata fra i governi per le decisioni di politica estera e di difesa. L'assenza di un riferimento alle radici cristiane nel preambolo ha suscitato le critiche del Vaticano e del governo italiano. Il vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini, ha presentato un emendamento volto al riconoscimento del retaggio culturale e religioso giudaico-cristiano. «Nessuno mette in discussione la laicità dell'Unione - ha spiegato - e nessuno può negare l'esistenza di tracce islamiche, ma non al punto di caratterizzare l'identità dell'Europa, che è fatta di cattedrali e di sinagoghe, non di moschee». Per il leader dell'Udc, Marco Follini, delegato del Parlamento italiano, «il preambolo va riscritto», poiché «un testo in cui si cita l'Illuminismo e non il Cristianesimo non riflette la storia europea». Anche il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, si è detto «rattristato» e «preoccupato» per la mancanza di coraggio sull'affermazione delle radici cristiane in Europa.

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