Bossi costretto a dire sì alla verifica
Ma ancora non ho capito che c'entro io con Roma, con la sconfitta di Roma». Umberto Bossi alla fine è costretto a dire di sì. Sì alla verifica che chiede Gianfranco Fini. È costretto l'Umberto perché anche Silvio Berlusconi ha dato il suo assenso. Il vicepremier è stato molto chiaro nel vertice dell'altra notte a Palazzo Grazioli. Ha fatto capire che la sua richiesta di verifica programmatica e di governo non era un'uscita per dare sfogo alle proteste del suo elettorato e del vertice del suo partito. C'era anche dell'altro. Berlusconi ha provato a dissuadere il leader di An, senza molti risultati: Fini era troppo deciso. E il premier ha dato il suo assenso ad una condizione: niente drammatizzazioni, ci sono ancora i ballottaggi e soprattutto la partita del Friuli. Bossi si accoda: alle regionali friuliane-giuliane il candidato della Cdl è la leghista Alessandra Guerra. Il leader del Carroccio, che ha fortemente voluto la Guerra spaccando Forza Italia, sa benissimo che la battaglia in questa zona è all'ultimo voto, centrodestra e centrosinistra sono veramente appaiati e un eventuale smarcamento o disimpegno di An potrebbe avere conseguenze catastrofiche per la Guerra, per lui e per la Lega. D'altro canto Fini sa anche che ci sono ancora da fare gli apparentamenti, le alleanze per i secondi turni alle Comunali. E, tanto per fare un esempio, a Brescia sono necessari i voti dei leghisti per far vincere la «sua» Viviana Beccalossi, candidata a sindaco per ora solo di An, Forza Italia e Udc. Fini dunque mobilita i suoi per il secondo turno e le regionali. Dopo se ne riparlerà. Vengono messe da parte tutte le discussioni e i dibattiti che potrebbero danneggiare il voto che ancora si deve svolgere. Bossi ha capito e ha fatto sapere che si recherà a Brescia a sostenere la Beccalossi. Il leader di An incassa intanto l'ok dell'Udc. Il ministro Rocco Buttiglione chiede apertamente la verifica e insiste anche per ridefinire l'agenda del governo con nuove priorità. Non solo.L'Udc chiede anche un riequilibrio al centro del governo, aderendo alla richiesta di moderazione che viene dalle urne. Praticamente è anche un siluro all'asse Bossi-Tremonti che fin qui ha influito non poco sulle nomine, ma in particolare sulle scelte fatte a ministero dell'Economia. Tanto che c'è chi, come Buttiglione, parla di un «marchio nordico a scapito del Sud e delle politiche sociali». La Lega nega tutto ovviamente e sceglie un profilo basso per rintuzzare gli attacchi fa rispondere ad una seconda fila, come il senatore Piergiorgio Stiffoni: «Non esiste un asse Bossi-Tremonti, esistono invece convergenze su programmi e progetti ai quali la Lega non mancherà di dare il proprio apporto fino a quando essi saranno adottati nel solo interesse della gente e non invece di alcune categorie. Non ci sono ultimatum, come qualcuno ancora tenta di imporre». I centristi, tuttavia, si spingono oltre la posizione di An (almeno quella fin qui ufficialmente espressa dalla destra) e fanno capire che a loro non dispiacerebbe un rimpasto, anche mini. Ma non lo chiederanno. Ipotesi, quella di sostituzione di qualche ministro, che non piace per nulla a Berlusconi. Anzi, il premier non vuol sentire nemmeno nominare la parola «rimpasto». Come anche la parola «verifica». «Sanno» di Prima repubblica, ha fatto sapere. Soprattutto il presidente del Consiglio sa molto bene che aprire una verifica in queste condizioni significa lasciare un porto senza conoscere rotta e approdo finale, visto che la situazione potrebbe anche complicarsi al punto da mettere in difficoltà l'esecutivo alla vigilia del semestre europeo. Per ora, comunque, è tregua. Il resto per adesso sono ipotesi di cui si parlerà dopo le elezioni. E per far capire cosa ne pensa di queste diatribe, il Cavaliere ha preso di buon mattino un aereo con destinazione Manchester, dove in serata il Milan ha disputato la finale di Champions League contro la Juventus.