MI SONO ritrovato tra le mani, nel corso di una ricerca per questa rubrica, alcuni quotidiani del giugno ...
Per la precisione ho letto alcuni giornali del giorno 11 giugno, nei quali a titoli cubitali e con tanto di foto veniva riportata la seguente notizia: «Arrestata la mente finanziaria della mafia toscana». Ho letto il nome di questo colletto bianco, il signor Roberto Giannoni. Questa è la sua storia, ed è una vicenda terribile. Il signor Giannoni l'ha raccontata in un bellissimo libro, che dovrebbe essere distribuito gratis nelle scuole e certamente nelle Facoltà di Giurisprudenza, e invece lui se l'è stampato e distribuito da solo, tramite un piccolo editore di Venturina, in provincia di Livorno, Falossi Edizioni, non avendo trovato un editore importante che avesse il coraggio di farlo. Peccato, davvero. Si intitola «Hotel Sollicciano, 12 mesi in una suite dello Stato a mezza pensione». All'alba del 10 giugno '92 ben 12 poliziotti si presentano alla porta del signor Roberto. Devono perquisire la casa, gli danno il tempo di chiamare un avvocato. Poi gli comunicano, presente il legale, l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Una perquisizione accurata e traumatica: svuotamento di armadi, cassetti e mobili, il tutto davanti agli esterrefatti genitori di Roberto. Finita la perquisizione il signor Giannoni viene portato al commissariato di Piombino e poi da qui a sirene spiegate fino alla Procura di Firenze. I poliziotti suggeriscono a Roberto di fare dichiarazioni spontanee. All'arrivo in Tribunale ecco fotografi e telecamere. Il rituale orrido e incivile di sempre. Roberto era accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso, usura, estorsioni, detenzione e spaccio di stupefacenti, traffico d'armi, riciclaggio. Era per il Pm la mente finanziaria della mafia, era a tutti gli effetti un nuovo 416 bis. Rimarrà in carcere, a Sollicciano, 12 mesi, di cui 10 sotto il regime del 41 bis. Era accusato dalle dichiarazioni rilasciate da 2 pentiti. Il 16 dicembre 1998 verrà assolto su richiesta della stessa Procura dopo un processo durato tre anni e sette mesi, oltre 450 testi dell'accusa, 12 videoconferenze a Firenze per le audizioni dei pentiti, 144 udienze. Una vicenda che, ricorda lo stesso Roberto, durò esattamente sei anni, sei mesi e sei giorni. Un mese prima dell'inizio del processo il padre di Roberto morì di crepacuore. La madre sfinita morì invece due mesi dopo la sentenza di assoluzione. Roberto ha perso il suo lavoro in banca, ha dovuto vendere la casa, è rimasto per 33 mesi disoccupato. Per fortuna un amico lo ha poi assunto nella sua piccola azienda di famiglia. Roberto ha ottenuto dalla Corte di Appello di Firenze 200 milioni di vecchie lire come risarcimento per l'ingiusta detenzione. Tempo fa ha chiesto all'Inps di poter riscattare con contributi volontari assicurativi per la pensione i 12 mesi trascorsi a Sollicciano. Niente da fare: per la Giustizia il signor Roberto è un cittadino innocente, per il sistema previdenziale no. Roberto ha fatto due conti: tra mancato stipendio, pensione ridotta e spese processuali ha speso 981 milioni di lire. E ha perso il padre e la madre. Ha scritto, due anni fa, al Presidente Ciampi. Non ha mai avuto una risposta. Fassino e Rutelli, intervistati da Vespa giovedì scorso, hanno detto che sarebbe ora di smetterla di parlare di giustizia, perché altri sono i problemi dei cittadini. Hanno idea i leader dell'opposizione, e anche quelli della maggioranza,di quanti casi ci sono come quello che vi ho raccontato? Temo di no.