di LAURA DELLA PASQUA BASTA risse politiche, basta con l'uso politico della giustizia, ...
È un appello forte quello che il presidente della Confindustria Antonio D'Amato rivolge a tutte le forze politiche. Il cuore della sua relazione all'assemblea annuale dell'associazione degli industriali, l'ultima prima della scadenza del suo mandato, ha proprio come tema la giustizia. Davanti ai vertici del governo (dal presidente del Consiglio Berlusconi, ai presidenti di Camera e Senato, Casini e Pera) ai leader dell'opposizione e ai segretari di Cgil, Cisl e Uil, D'Amato ha lanciato un forte richiamo a «sanare la patologia del nostro sistema politico» a interrompere «l'anomalo scontro chiudendo con il passato una volta per tutte». Basta risse, è il momento di giocare «la partita vera della politica, quella alta, quella che l'Italia si merita». Questa volta D'Amato non si limita a passare in rassegna i temi economici indicando le priorità per il mondo imprenditoriale (riforma delle pensioni, riduzione della pressione fiscale, snellimento della burocrazia) ma richiama la politica alle sue responsabilità. In gioco c'è la credibilità del sistema Paese anche in vista del semestre europeo di presidenza italiana. L'uso politico della giustizia «danneggia sia la classe politica che la magistratura e lede la fiducia degli italiani nelle istituzioni». Lo scontro politico è diventato «una grande questione nazionale» ha detto D'Amato e «il continuo discredito di tutta la classe politica incide in modo determinante sulla nostra immagine all'estero e si ripercuote sulla competitività del nostro sistema economico». Poi il presidente di Confindustria mette in guardia da un pericolo reale: «la continua delegittimazione dell'avversario ci rende sempre meno credibili nel mondo». D'Amato dice «basta» a tutto questo. La dialettica politica «deve svilupparsi nelle sedi proprie, quelle dell'agone politico, e non nelle aule giudiziarie». Poi chiede in modo provocatorio: «ma quale è il Paese dove chi aspira a essere, diventa o è stato presidente del Consiglio viene quasi certamente coinvolto o direttamente o dalla polemica politica in accuse di malaffare?» È questa la «patologia» tutta italiana da sdradicare. Il rimedio? D'Amato è diretto: «riformare la giustizia per dare a chi governa e all'opposizione autonomia e autorevolezza», bisogna «regolare il difficile rapporto tra potere giudiziario e quello legislativo e esecutivo; la giustizia «è un bene di tutti non di una casta» dice a chiare note D'Amato. La stagione delle riforme riguarda anche i temi economici. Permane «un quadro di stagnazione che al momento non presenta segnali di ripresa. Per tutti gli anni '90 l'Italia è cresciuta meno della media europea e degli Usa. Di qui la necessità di interventi strutturali. Il Dpef e la Finanziaria saranno l'occasione per il governo «per dimostrare la volontà di rilanciare l'economia». Basta provvedimenti una tantum. Finora le imprese «hanno pagato il prezzo più alto per mantenere basso il deficit» ed è arrivato il momento di avere qualcosa in cambio. D'Amato chiede la riduzione dell'Irpeg, un'Irap più bassa al Sud ma soprattutto misure sulle pensioni. La riforma delle pensioni deve essere strutturale e «va fatta prima della Finanziaria». Il presidente degli industriali offre una sorta di partita di scambio. La decontribuzione deve essere un caposaldo della riforma e in cambio la Confindustria è pronta «a rinunciare agli incentivi sulle assunzioni». Gli industriali poi chiedono incentivi per chi resta a lavoro e disincentivi per le pensioni di anzianità. D'Amato ha affrontato anche l'art.18. «Dopo che la maggior parte degli italiani avrà detto no sarà più facile trovare una soluzione». Poi la difesa dell'accordo dei metalmeccanici e la critica alla Cgil che si «è messa fuori». D'Amato ha poi attaccato i contratti degli statali. «Sono stati dati «aumenti fuori dalle regole fissate del 23 luglio, di nuovo soldi dati a pioggia, a tutti, a chi lavora bene e a chi fa poco, senza premi per la qualità, la