Contro Berlusconi tornano Borrelli e Caselli
Crolla la fiducia nella magistratura. Il premier: «Liberiamoci del cancro delle toghe rosse»
Ora entrano nell'agone del dibattito politico anche due magistrati. Uno in pensione, Francesco Saverio Borrelli, uno in attività, Giancarlo Caselli. Il lodo Maccanico, dice l'ex Procuratore generale di Milano, è «una violazione notevole del principio basilare dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge». Si spinge oltre l'attuale procuratore generale di Torino: «È in atto un processo di revisione dei valori della Resistenza, di cui la Costituzione è il frutto più alto, ed è contemporaneamente in corso anche un'aggressione alla magistratura, che della Carta Costituzionale, nata per tutelare i diritti di tutti, custodisce le regole». Parole pesanti. E forse non è un caso che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in un'intervista a Le Figaro, arriva a dire: «Un pugno di magistrati militanti utilizza la giustizia a fini politici per far cadere il governo. È un cancro che bisognerà estirpare affinché l'Italia possa diventare a tutti gli effetti uno stato di diritto». Di certo, il premier sa bene che la fiducia nei confronti della magistratura è crollata. Nelle ultime settimane «la percentuale delle considerazioni favorevoli verso i giudici è bruscamente diminuita di ben dieci punti. Oggi solo un terzo si pronuncia positivamente nei confronti dei magistrati: nel 1994 era più del doppio», rileva, nel suo Osservatorio su Il Corriere della Sera, Renato Mannheimer. Una miscela di fatti ed eventi che rende sempre più infuocato il clima politico. Il portavoce di Forza Italia, Sandro Bondi, riferendosi alle parole di Borrelli e Caselli, parla apertamente di «tesi eversive» che «testimoniano dell'anomalia tutta italiana di una parte della magistratura che non si fa scrupolo di intervenire apertamente nel dibattito politico». E per questo, secondo Niccolò Ghedini, deputato di Fi e avvocato di Berlusconi, «il Parlamento deve intervenire per ristabilire l'equilibrio tra i poteri, tra il potere della magistratura e il potere politico, per far sì che le modifiche di natura politica non avvengano attraverso i processi ma attraverso invece eventi di natura democratica, e cioè soltanto con le elezioni». Altra benzina sul fuoco della polemica arriva da Luciano Violante, capogruppo Ds alla Camera, che s'inserisce nel solco delle dichiarazioni del duo Borrelli-Caselli: Berlusconi «ce la sta mettendo tutta per riaprire una guerra civile interna al paese. Pensi piuttosto a governare bene, perché in Italia ci sono problemi gravi: lasci perdere i suoi affari personali, che interessano soltanto lui». Ma l'ex presidente della Camera attacca anche An, «rea» di aver parlato di pm politicizzati: «Spiace che Fini parli di toghe rosse, perché è un dirigente politico di livello considerevole che è costretto ad aggregarsi al carro degli insulti del presidente del Consiglio». Gli risponde il capogruppo di An al Senato Domenico Nania: «Di toghe rosse e di comunismo Violante se ne intende, gli italiani lo sanno ormai da tanti anni, ricordo che il mio professore di filosofia del liceo, uomo di sinistra, ci diceva sempre: "Un buon comunista fa sempre i complimenti ad un avversario quando dice cose che convengono alla sua causa e lo insulta quando invece sostiene argomenti che la contrastano". Violante non si discosta da questo principio». È Massimo D'Alema a legare il voto allo scontro. Per il presidente dei Ds «i tentativi di Berlusconi di avvelenare il clima sono il segno più clamoroso della sua debolezza». E sottolinea: «Berlusconi oscilla tra dichiarazioni secondo cui queste elezioni non contano nulla, e questo ci induce a un cauto ottimismo, perché di fatto mette le mani avanti, ma allo stesso tempo sta cercando di caricarle di significato politico, trasformando il civile confronto elettorale in uno scontro ideologico». Ma dopo le elezioni si tornerà a discutere in Parlamento di immunità e nel centrosinistra si leva qualche voce di timida apertura al lodo Maccanico, che prevede la sospensione dei proces