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Sme, Berlusconi: «Dirò cose gravissime» Il Tribunale dispone lo stralcio per la posizione del premier. Pm e Ulivo esultano, la Cdl protesta

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Silvio Berlusconi si difende attaccando a testa bassa. E conferma la sua linea: raccontare come l'allora presidente dell'Iri Romano Prodi stava vendendo nel 1985 la Sme alla Buitoni guidata da Carlo De Benedetti. Una vendita sotto costo che fece infuriare il presidente del Consiglio dell'epoca Bettino Craxi, il quale, per bloccare il "regalo di Stato", chiese all'imprenditore Berlusconi di mettere su una cordata (con Ferrero e Barilla) per fare un'offerta superiore a quella di De Benedetti, e bloccare la svendita fatta a trattativa privata. Il presidente del Consiglio torna a sparare colpi dopo che il Tribunale di Milano ha deciso di stralciare la sua posizione (e di non accettare una serie di testimoni tra cui Amato e lo stesso Prodi). Una scelta giunta inaspettatamente dopo che la difesa aveva chiesto di rinviare l'udienza di ieri per legittimo impedimento del premier, che comunque aveva già annunciato la propria partecipazione per venerdì prossimo. Il processo ora va avanti solo con gli altri imputati, mentre per Berlusconi si procede su un'altra strada che, prevedibilmente, sarà molto più lunga. «Due, tre anni» dice Carlo Taormina, avvocato e deputato di Forza Italia. Il premier dice subito che non c'è nessun motivo di preoccuparsi. Poi parte in quarta: «Non mi si dica più di abbassare i toni perché se c'è qualcuno che è indignato e che può dire tutto quello che vuole per la cosa infame che gli è stata rivolta contro, questo qualcuno sono io», avverte. Definisce «indecente» il fatto che «un processo duri sette anni per avvenimenti che risalgono a 18 anni fa». Quindi la sua sentenza: «Non può che essere una azione politica per gettare fango sull'avversario». Ma non è finita. Per Berlusconi le accuse sono «assolutamente campate per aria», e nel processo «non c'è un indizio ma solo un sussurro da parte di un teste che ha dimostrato di essere assolutamente inaffidabile». «Adesso, se mi dite che c'è uno stralcio - osserva il capo del governo - probabilmente sarà possibile fissare delle date in cui potrò andare a Milano e intervenire al processo e illustrare cose gravissime rilevate nel comportamento di alcuni in questa situazione. Pertanto avrò modo di spiegare in aula, alla corte, ma anche ai cittadini fuori, come le cose sono andate veramente». «Non credo che stralciare la mia posizione significhi uscire dal processo», di certo - garantisce Berlusconi - «andrò fino in fondo». Anche perché, «si è verificata una serie di situazioni come ad esempio la mancata escussione di testi importantissimi. Non si può dire a qualcuno "hai fatto delle pressioni indebite su dei giudici" e poi non sentirli». «Ma dirò di più, qualcuno li ha ascoltati» e qualche atto «è risultato sparito», preannuncia. A questo punto - ha concluso - anche per rispetto dei cittadini devo dimostrare di essere una persona di alto livello morale e di non aver danneggiato chicchessia». Ed è di nuovo diluvio di polemiche. Riassumibili nelle parole di Anna Finocchiaro dei Ds («Lo stralcio è una decisione corretta e ragionevole») e Sandro Bondi di Forza Italia («Il "rito ambrosiano" colpisce ancora, a Milano si andrà avanti senza che Berlusconi possa difendersi»). Due posizioni che rispecchiano quelle prese da una parte e dall'altra. Il centrosinistra applaude alla decisione, assieme alla pm Boccassini. Il centrodestra sostiene che si tratta dell'ennesimo colpo inferto a Berlusconi. «Si potrà discutere con maggiore serenità e pacatezza» osserva Maccanico (Margherita). «Ora conosceremo la verità», ribatte Di Pietro. Più prudente Rutelli, leader dei centristi ulivisti: «Viene meno il motivo di polemica immediata». Per Fassino (Ds) da adesso in poi sarà consentito «alla politica di smettere di occuparsi di processi». La Russa (An), invece, si augura che ci siano motivi tecnici. Cicchito (Fi) parla di un «uso politico della giustizia». L'ultimo in ordine di tempo.

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