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Art. 18, prove di dialogo per far saltare il quesito

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È l'obiettivo comune di chi, nei due schieramenti politici, si batte perchè il 15 giugno non vinca il sì, ma la linea del «doppio no», quella dell'«astensionismo militante». Occasione per una riflessione sul voto referendario, ma soprattutto su ciò che potrà accadere dopo quel voto, è stata la tavola rotonda organizzata da Il Riformista, sul tema «Articolo 18: un referendum sbagliato». Nello schieramento trasversale che osteggia il referendum, tutti d'accordo sul fatto che una volta superato senza danni questo ostacolo si possano creare le condizioni per mettere definitivamente da parte gli ideologismi e procedere assieme alla seconda fase della riforma del mercato del lavoro. «Le riforme sono sul tappeto», ha spiegato il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, per il quale «rimuovere questo referendum significa davvero poter riprendere il cammino per le riforme, riaprendo anche il dialogo tra maggioranza e opposizione, e sconfiggendo definitivamente chi ancora oggi porta avanti una logica esclusivamente antagonistica». E, in vista del 15 giugno, Sacconi avverte: «Da parte del Governo è doveroso scegliere la linea assieme alle parti sociali che hanno firmato il Patto per l'Italia. La cosa importante è che tutti coloro che sono contro il referendum si organizzino e facciano la stessa cosa. Mi pare stia prevalendo l'astensionismo». Il suo auspicio è raccolto dal responsabile economico della Margherita, Enrico Letta: «Dopo il 15 giugno bisogna ricominciare a ragionare sul merito delle cose, a partire dal Libro bianco del 2001 che fissava un ordine di priorità tra le quali non era assolutamente previsto l'articolo 18». Dunque, per l'ex ministro, sia Governo e maggioranza sia una parte della sinistra e del sindacato «devono trarre la lezione della vicenda articolo 18, e capire che la contrapposizione ideologica non porta da nessuna parte».

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