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«Su Telekom Serbia va accertato il ruolo della Nanni»

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Il pubblico ministero svizzero aveva invitato le autorità italiane a usare vie usuali per ottenere il dossier

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Ieri Enrico Nan, vice presidente della commissione Telekom Serbia, ha chiesto che venga accertato il ruolo della consulente della Commissione stessa, la pm Francesca Nanni, nell'ambito dei suoi presunti rapporti con le autorità di Berna alla vigilia della missione dei parlamentari italiani. Su questo tema Carlo Taormina (FI) ha presentato un esposto. «Se è vero che la dottoressa Nanni, consulente della commissione vicina a Rifondazione comunista - afferma Nan in un comunicato - si è assunta l'iniziativa e la responsabilità di prendere contatti durante la visita a Lugano dei parlamentari che hanno accompagnato Marini con l'autorità svizzera, si spiegherebbero molte delle cose accadute a Lugano». «Se fosse vero - prosegue la nota di Nan - occorrerebbe anche accertare se vi stata anche una regia che abbia diretto l'operazione da Roma. In questo caso ci troveremmo in presenza di un gravissimo episodio politico». Nell'inchiesta Telekom Serbia e nel processo Sme «il capo del governo sta tentato di coinvolgere Prodi, ma non ci riesce perché Romano è una persona che si è sempre comportata bene, con un grande senso dello Stato» ha polemizzato il segretario della Margherita, Pier Luigi Castagnetti. «Il presidente Prodi - ha aggiunto Castagnetti - ha ancora la capacità di indignarsi, ed l'ho apprezzato, ma ha anche la responsabilità di garantire la conduzione della presidenza italiana nel semestre Ue nel modo più corretto possibile». Da parte sua, Lamberto Dini ha lanciato una controffensiva, dicendosi indignato per essere stato coinvolto da un «mezzo pregiudicato», riconoscendo al presidente della commissione su Telekom Serbia di aver agito con celerità e ripetendo di non essersi mai occupato direttamente dell'affare. «Seppi solo a contratto concluso - ha dichiarato il vice presidente del Senato, che nel '97, l'anno in cui Telecom Italia acquisì una quota di Telekom Serbia, era alla Farnesina -. Comunque, se fossi stato informato in anticipo, avrei risposto che in quel momento non c'era la minima controindicazione politica per bloccare l'acquisizione». Dini, che intende affidarsi alla giustizia, ha quindi aggiunto che, prima di «dare credito alla affermazioni di Marini, la commissione avrebbe potuto procedere ad un interrogatorio pieno del teste». Da una notizia pubblicata ieri sulla «SonntagsZeitung» e confermata dal portavoce dell'MPC, Hansjurg Mark Wiedmer, mercoledì scorso, si apprende che il giorno precedente alla missione italiana in Ticino il ministero pubblico della Confederazione aveva invitato le autorità italiane a ricorrere alle vie usuali per ottenere i dossier - depositati, secondo il «superteste» Igor Marini, a Lugano - che proverebbero il pagamento di tangenti nell'acquisizione del 29% di Telekom Serbia da parte di Telecom Italia. In un'intervista al domenicale, il presidente della Commissione italiana, Enzo Trantino, ribadisce invece che il modo di procedere della delegazione è stato «ineccepibile». La Procura federale aveva ricevuto, prima della missione della Commissione d'inchiesta a Lugano, una richiesta informale da parte italiana in merito alla possibilità di visionare documenti depositati in Ticino, ha affermato Wiedmer. La risposta dell'MPC era stata chiara: per consultare i dossier era necessaria un'istanza formale di assistenza giudiziaria. Intanto, riferendosi all'intervista apparsa ieri su un quotidiano, Luciano Randazzo, l'avvocato di Igor Marini, il teste del'inchiesta parlamentare Telekom Serbia arrestato a Lugano, ha ieri dichiarato che «il mio assistito non è un pluripregiudicato, le uniche modeste condanne che ha riportato fanno riferimento alla legge sugli assegni».

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