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di FABRIZIO DELL'OREFICE CINQUANTUNO minuti per racconta la storia della Sme, della ...

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Silvio Berlusconi depone al processo Sme e ricorda tutte le tappe della vicenda. «Dimostrerò la paradossalità delle accuse», annuncia. E aggiunge: «Vado orgoglioso della mia condotta». Quindi svela: «Fu Amato, che non aveva indizi ma prove, a parlare di tangenti ad una corrente Dc». «Mi telefonò Pietro Barilla - ricorda il premier - per dirmi che era indignato per la vendita della Sme alla Buitoni di De Benedetti perché Prodi poco tempo prima gli aveva detto che la Sme non era in vendita». Craxi non sembrava interessato alla vicenda. «Dopo qualche giorno mi chiamò Craxi - aggiunge il Cavaliere - e trovai un uomo diverso. Mi disse che era una vicenda sconvolgente, allucinante e scandalosa. C'era stata una trattativa a porte chiuse di cui nessuno all'Iri sapeva nulla. Craxi pensava - spiega il presidente del Consiglio - che la Sme valesse molto di più, Altissimo gli disse che il valore si aggirava tra i 1.300 e i 1.500 miliardi, c'erano marchi molto prestigiosi come Cirio, Bertolli, Pavesi, Motta e Alemagna». Per Berlusconi «forse era una vera e propria spogliazione di un bene dello Stato, un regalo indebito ad un cittadino. Il prezzo di 497 miliardi era molto basso, molto lontano dalla valutazione di Borsa. Le azioni venivano vendute a 930 lire l'una contro i 1.290-1.300 della Borsa, un prezzo che avrebbe dovuto essere maggiorato perché in questi casi c'è un premio di maggioranza». «Oltretutto - sono parole del Cavaliere - le condizioni di vendita alla Buitoni della Sme erano particolarmente favorevoli. La stessa Iri prestava dei soldi a De Benedetti e poi c'era un pagamento dilazionato che con gli interessi di quel periodo molto alti era molto favorevole. Per Craxi si trattava di un'operazione mai vista prima. La Buitoni oltretutto poteva pagare la Sme con la liquidità che c'era nella stessa Sme. A quel punto - prosegue il premier - Craxi mi chiese di far pervenire all'Iri un'offerta sensibilmente più elevata di quella della Cir. Insieme al commercialista Locatelli mi misi in contatto con Ferrero avendo già il parere positivo di Barilla. Craxi poi mi pregò in modo pressante di intervenire direttamente, da parte mia accettai perché avevo un conto aperto con De Benedetti che mi attaccavo tutti i giorni e perché pensavo che quella operazione fosse indegna. A questo punto tramite un avvocato romano facemmo un'offerta per poi farne una ulteriore nell'ultimo giorno utile. Un'offerta di 600 miliardi. Per me si chiudeva la tappa più importante - continua il capo del governo - perché avevo adempiuto al mandato del presidente Craxi facendo interrompere l'iter del contratto fra Prodi e De Benedetti. Per me la vicenda a questo punto era conclusa mentre Barilla e Ferrero volevano veramente acquisire la Sme». «De Benedetti a questo punto iniziò una serie di cause per vedersi riconosciuto il contratto con l'Iri ma credo perse sempre. Io non ho avuto più nessun ruolo, oltretutto sono accusato di aver influito su di un giudice quando a decidere su questa vicenda, dal Tar alla Cassazione, ci sono stati ben 15 giudici. Alla fine - conclude - l'unica avvantaggiata è stata l'Iri che ha venduto la sola Pavesi allo stesso prezzo di quanto voleva vendere l'intera Sme. Non ho avuto alcun vantaggio dal mio intervento nella vicenda Sme, al contrario ho avuto dei costi tra commercialisti e avvocati». Per gli avvocati di Cir (De Benedetti, ndr) «Berlusconi ha confermato quanto abbiano affermato sino ad oggi». Per Pisapia (parte civile) il premier «ha fatto un autogol». Replicano Ghedini e Pecorella (difesa Berlusconi): «Pisapia dovrebbe avere più rispetto per la verità».

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