«Niente ultimatum sulla riforma delle pensioni»
L'argomento pensioni è uno dei pochissimi sui quali Cgil, Cisl e Uil non stanno litigando e ieri da una riunione unitaria è partito per il ministro del welfare l'avvertimento che se le richieste non saranno accolte, non è escluso lo sciopero. Maroni ha risposto che le proposte fatte sono all'esame, ma che sindacato deve lasciar perdere gli ultimatum, altrimenti è inutile discutere. Cgil, Cisl e Uil chiedono di «sgombrare il campo» da decontribuzione, obbligo del conferimento del tfr, parità su fondi negoziali e aperti, delega per un testo unico senza vincoli, e chiedono di «dire quattro sì» alle proposte alternative del sindacato. Altrimenti ci saranno risposte «graduate, con lo sciopero come estrema ratio», hanno detto Musi (Uil), Piccinini (Cgil), Baretta (Cisl). Lo «sgombero» che il ministro dovrebbe fare secondo i sindacati riguarda la decontribuzione («minerebbe alla base la riforma previdenziale del '95», ha affermato Musi), il conferimento obbligatorio del tfr ai fondi pensione («incostituzionale», secondo Cgil, Cisl e Uil, ma Maroni è dell'avviso opposto), l'equiparazione tra fondi previdenziali aperti e negoziali («il ddl delega privilegia i fondi aperti, vanno privilegiati quelli negoziali», ha spiegato Piccinini), la delega per il testo unico sulla previdenza. Il ricorso allo strumento della delega, ha detto Musi, «in assenza di indicazioni e di obiettivi corre il rischio di dare al governo la probabilità di modificare il sistema senza vincoli. Dunque va attentamente puntualizzata». Più verso un clima del tipo «prendere o lasciare» sembra orientata la Cgil. Dice infatti Piccinini che la decontribuzione deve essere eliminata. Non sarebbe sufficiente ridurla allo 0,1% e lo stesso vale per la previdenza complementare. A tal proposito «deve essere chiarito — aggiunge — che si accede ai fondi complementari assicurando trasparenza, l'accesso attraverso la negoziazione e con garanzie rispetto alla governance». Rispetto alle parti del provvedimento del governo che non condividono, i sindacati hanno proposto le loro soluzioni alternative: fiscalizzazione degli oneri impropri e apertura «di una discussione seria sulla riduzione del costo del lavoro», silenzio-assenso per il conferimento del tfr, riconoscimento della funzione sociale dei fondi previdenziali complementari. Quanto al fatto che i Paesi europei stanno quasi tutti rivedendo i loro regimi previdenziali, e visto che il premier Berlusconi in occasione del convegno di Confindustria al Lingotto e del più recente vertice di Atene Torino, ha accennato a una Maastricht delle pensioni, Baretta ha puntualizzato che il sindacato non è contrario «ad una discussione complessiva sul welfare in Europa. Però è chiaro che si tratterebbe di una discussione che va ben oltre il semestre di presidenza italiana dell'Ue». La risposta del responsabile del Lavoro non si è fatta attendere: «Non credo che sia una buona cosa partire con degli ultimatum. Incontrerò i sindacati il 6, ho registrato delle proposte, alcune interessanti — ha detto riferendosi alle soluzioni alternative avanzate da Cgil, Cisl e Uil —, le stiamo valutando dal punto di vista tecnico. Se il sindacato vuole trovare una soluzione, cosa che io credo, allora non può porre ultimatum. Se è solo un'operazione politica, allora parliamo pure di ultimatum ma sarebbe perfettamente inutile». Maroni ha escluso anche una Maastricht delle pensioni nel semestre di presidenza italiana dell'Ue. «Non possiamo porre al centro del semestre italiano il tema delle pensioni, che è di competenza dei singoli Stati membri». Ha quindi presentato le cinque priorità contenute nell'agenda del semestre di presidenza italiana: responsabilità sociale delle imprese; strategia europea contro il lavoro nero; lotta all'esclusione sociale; un'Europa allargata nelle r