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Via Po considera l'iniziativa una «grave interferenza sull'autonomia delle parti sociali»

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Mentre Epifani e i suoi sembrano avviati verso il «sì» Pezzotta è per far fallire la consultazione Art. 18, sindacati spaccati sul referendum

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Mentre la Cgil (pur divisa all'interno del suo gruppo dirigente) marcia verso il sì, Savino Pezzotta ha ieri ribadito con fermezza: «La Cisl lavorerà per farlo fallire». Più incerta la posizione della Uil, in cui si confrontano il fronte del sì con quello del no: «Il problema non si risolve con un sì o con un no», ha detto il segretario generale Luigi Angeletti, spiegando che la decisione «sarà coerente con questa valutazione». Se sulle sulle pensioni riescono a mantenere una linea unitaria, i sindacati tornano dunque a dividersi sull'articolo 18. Lo scontro si profila frontale. In effetti Epifani getta acqua sul fuoco nel tentativo di non compromettere il cammino di riavvicinamento tra le tre confederazioni sindacali, dopo gli strappi dei mesi passati: qualunque sia la decisione che prenderà la Cgil in vista del referendum «non avrà ripercussioni nei rapporti con Cisl e Uil», ha detto il leader della confederazione di corso d'Italia, dopo aver palesato nella segreteria di mercoledì la sua posizione che, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe così sintetizzabile: il referendum è un errore, ma a questo punto votare per il sì è il modo migliore per sostenere le proposte di legge presentate dalla Cgil (una per estendere le tutele, una per riformare gli ammortizzatori sociali). La risposta di Pezzotta non si è fatta attendere: altro che sì, il referendum deve fallire, perché rappresenta «una grave interferenza sull'autonomia delle parti sociali». Se farlo fallire attraverso l'astensionismo oppure indicando di votare no lo deciderà, molto probabilmente, il Comitato esecutivo fissato per il 13 maggio. La scelta, ha spiegato Pezzotta, «dipenderà anche da come si comporteranno gli altri soggetti interessati». Intanto, il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, ha così commentato l'orientamento della Cgil: «Se segreteria e direttivo indicheranno di votare per il sì, per quanto accompagnato dai "se" e dai "ma", troverà incontrovertibile conferma la tendenza da tempo in atto nella Cgil ad isolarsi dalle altre confederazioni e dal dialogo sociale». La questione dell'articolo 18 sta comunque creando molti problemi all'interno delle singole confederazioni. In Cgil la decisione finale è fissata per il 5 e 6 maggio: il primo giorno si riunirà nuovamente la segreteria, il secondo il Direttivo. Dopo le divisioni emerse nella segreteria (7 a favore del sì, compreso Epifani, 5 per la libertà di coscienza) appare probabile che all'appuntamento decisivo del 6 nel "parlamentino" di Corso d'Italia si arrivi con più documenti. Anche ai vertici della Uil a confrontarsi sarebbero più posizioni. Fermo restando che la confederazione guidata da Angeletti è contraria al referendum, avendo presentato una sua proposta di legge per estendere i diritti dei lavoratori, appare difficile fare previsioni su quella che sarà l'indicazione ufficiale per il 15 giugno. Dalle parole del segretario generale sembrerebbe farsi strada l'ipotesi dell'astensionismo: l'indicazione di non andare a votare potrebbe mettere d'accordo tutti in gruppo dirigente, diviso tra chi opta per il no e chi invece chiede di votare per il sì.

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