L'Europa si ricompatta e rilancia l'Onu
Dichiarazione comune: «Ruolo centrale delle Nazioni Unite nella ricostruzione in Iraq»
Il vertice di Atene si chiude all'insegna di una ritrovata unità europea, dopo le aspre divergenze che hanno profondamente diviso i Quindici nelle settimane scorse. Non tutto è superato, ma l'atmosfera è molto diversa dai difficili vertici di Bruxelles, a febbraio e marzo, quando l'Unione europea dovette prendere drammaticamente atto di quanto lontane fossero le singole posizioni nazionali. La fine della guerra sul terreno ha evidentemente facilitato la ricucitura. E l'atmosfera festosa delle celebrazioni per la firma dei trattati di adesione di dieci nuovi paesi membri ha fatto il resto. Il risultato è una dichiarazione messa a punto dalla presidenza greca in cui si chiede che le Nazioni Unite abbiano un ruolo centrale nel dopo-guerra anche per quanto riguarda il processo che porterà all'instaurazione di un governo provvisorio iracheno. L'Unione Europea sottolinea «l'esperienza e la capacità unica» dell'Onu nella ricostruzione di paesi che escono da conflitti. Tutto questo non può non aver fatto piacere al segretario generale dell'Onu Kofi Annan, presente, questi due giorni, ai lavori del vertice. Annan ha affermato, con una punta di vis polemica, che è escluso che l'Onu possa avere «un ruolo subalterno sotto l'autorità di una potenza occupante», così come non accetterà «responsabilità che non ha i mezzi per assumere». In questo senso, Annan ha chiesto le «risorse necessarie», in modo che l'Onu possa svolgere i compiti che le spettano, con un chiaro riferimento all'annoso problema degli scarsi mezzi operativi e finanziari in possesso del Palazzo di vetro. L'Europa conferma inoltre la sua volontà di partecipare con un ruolo forte alla ricostruzione in Iraq, nell'ambito del suo tentativo di costruire una politica estera unica. È una sfida importante che raramente ha avuto successo in passato, come hanno confermato le polemiche e le divisioni che hanno segnato il dibattito europeo prima sulla crisi e poi sul conflitto iracheni. Ma l'Europa che ha celebrato uno storico allargamento vuole e deve poter contare di più sullo scenario internazionale, senza ripetere quegli errori che l'hanno portata inevitabilmente fuori dalla gestione diplomatica della crisi irachena. Adesso si può ricominciare. E il primo punto è un forte appoggio alle Nazioni Unite per far sì che abbiano un ruolo centrale nel futuro immediato dell'Iraq. Si dovrà dialogare in questo senso con gli americani che non vedono di buon occhio una eccessiva presenza delle Nazioni Unite in alcune settori del dopo-guerra. Ma anche Tony Blair, stretto alleato di George Bush, in questo momento, per quanto riguarda la ricostruzione, sembra più vicino alle posizioni europee e riconosce l'importanza dell'Onu. Giovedì sera si era sparsa la notizia che quattro Paesi europei (Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna) stessero preparando una proposta di dichiarazione sull'Iraq. Ieri mattina la presidenza greca ha diffuso una dichiarazione sull'Iraq, poco prima dell'inizio dei lavori della seconda giornata del vertice. Silvio Berlusconi ha voluto chiarire che la dichiarazione è frutto del lavoro autonomo della presidenza e non del lavoro preventivo di altri Paesi. «Sarebbe un'assurdità», ha detto aggiungendo che «non ci sono Paesi più uguali degli altri».