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Per il segretario dell'Udc nelle piazze affiora anti-americanismo con una certa prepotenza

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Intervista - Il leader dei centristi tende una mano all'opposizione. «Alcune volte carica a testa bassa, prenda esempio dalla Germania» Follini: «La sinistra ascolti di più Amato»

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Giornalista professionista, anche al «Tempo», nel 1977 è stato il leader dei giovani democristiani, ha diretto «La Discussione», è stato nel Cda della Rai. È deputato da due legislature. Le scene del popolo iracheno in festa le ricordano il 25 aprile o l'8 settembre? «È un grande 25 aprile per gli iracheni. L'8 settembre è per Saddam Hussein». Non trova che molti politici italiani contrari alla guerra siano in fretta saliti sul carro del vincitore? «Forse sì, ma bisogna tener conto che la guerra ha sollevato in tutti problemi di coscienza, che notoriamente non possono essere tagliati con l'accetta. Io sono stato sempre atlantico, sono stato anche convinto che la guerra fosse sbagliata, ma anche convinto che, una volta iniziata, dovesse finire presto, con la vittoria degli angloamericani e la sconfitta di Saddam Hussein». Lei ha detto: c'è una dittatura in meno, ora bisogna costruire una democrazia in più. Chi deve lavorare per questo? «Tutta la comunità internazionale deve dare una mano al popolo iracheno, affinché trovi la strada per formare nuove istituzioni democratiche. Questa è la parte più difficile. Vincere la pace non sarà meno complicato della vittoria sul campo». Ma chi deve aiutare? L'Onu, l'Europa, la Lega Araba? «Credo che il futuro sia nel segno del multilateralismo, che sia figlio di una solidarietà e di una cooperazione tra popoli diversi, e di una valorizzazione degli organismi internazionali. L'ordine mondiale nasce da una collaborazione tra popoli e culture diverse e dalla conciliazione tra aspetti che talvolta possono apparire oggi stridenti». In Medio Oriente c'è una sola democrazia, in Israele. Presto arriverà in Iraq. La democrazia è contagiosa? «Penso proprio di sì. Il mondo sarà più sicuro e in pace quando sarà diffusa una cultura dei diritti e delle libertà simile, se non identica, in tutti i Paesi. È un'impresa titanica che, se ci va bene, vedremo realizzata nel prossimo secolo». Ha detto Armando Cossutta, leader del partito dei Comunisti Italiani che fa parte dell'Ulivo: «Io non celebro la vittoria degli imperialisti americani». «Sono tra quanti hanno celebrato nel 1989, con la caduta del muro di Berlino, la sconfitta delle idee di Cossutta». Le sinistre hanno accusato il governo di aver avuto una posizione ambigua e oscillante sulla guerra. «Qualche volta capita anche a me di avere opinioni critiche e non esito a manifestarle. Devo però onestamente dire che il governo, in questi mesi, ha tenuto la barra fissa sugli interessi nazionali, e ha posizionato l'Italia in modo giusto. Del resto era una scelta obbligata, conseguente alle nostre alleanze storiche e della nostra visione dell'ordine mondiale». Le propongo uno scenario: se al governo ci fosse stato il centrosinistra, cosa avrebbe fatto? «Le rispondo che noi, dall'opposizione, gli avremmo dato una mano, come abbiamo fatto ripetutamente nella passata legislatura, per impedire all'Italia di fare brutte figure sul piano internazionale». Ha detto Silvio Berlusconi: le sinistre hanno dimostrato ancora una volta l'insopprimibile attrazione che hanno verso i dittatori e le dittature. «Non esageriamo. Qualcuno a sinistra ama ancora la democrazia guidata, ma altri hanno sentimenti democratici come i nostri. Naturalmente abbiamo opinioni diverse su come la democrazia possa funzionare meglio». La sinistra è in Occidente? L'ex Presidente del Consiglio del centrosinistra, Giuliano Amato, ne dubita. E lei? «Spero che ascoltino Amato e mi auguro che ci sia una sinistra occidentale come lui la descrive». Sotto sotto, nelle sinistre, non c'è ancora quell'antiamericanismo degli anni della guerra fredda? «Nelle piazze questo è riaffiorato anche c

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