di ELVIO SARROCCO DALL'ITALIA né mezzi (navi e aerei), né truppe per un eventuale attacco ...
Inoltre, sarà il Parlamento a decidere l'eventuale concessione di basi aeree per scali tecnici o altre attività logistiche. Prima un comunicato del ministero della Difesa, poi una dichiarazione del ministro Antonio Martino ieri hanno messo fine alle ipotesi incontrollate secondo le quali era in preparazione una partecipazione diretta di militari italiani all'attacco contro l'Iraq. Notizie, si legge in un laconico comunicato della Difesa, «complessivamente prive di fondamento». «Complessivamente», è stato poi ufficiosamente spiegato, nel senso che è in particolare infondato l'asserito coinvolgimento diretto delle forze armate italiane: l'Italia, è stato ribadito, non fornirà militari o mezzi (né navi, né aerei) per una guerra. E Martino (che ieri ha avuto un colloquio con Ciampi), in una intervista a Panorama ha annunciato che l'Italia avrà invece un ruolo importante e diretto nella fase successiva alla guerra, ossia nella pacificazione dell'Iraq. Vi parteciperebbero infatti reparti di polizia militare, cioè i carabinieri, insieme a tecnici specializzati come gli sminatori che dovranno bonificare il paese. Alcuni di questi reparti potrebbero partire dall'Italia ed altri verrebbero spostati in Iraq da altre regioni in cui sono impegnati in operazioni di pace. Il ministro ha spiegato che l'Italia non può fare di più a causa dello scarno bilancio della Difesa e per l'elevato numero di militari (8.500) già impegnati in altre zone. Quanto alle 17 basi americane ed alle 10 a disposizione della Nato, in caso di guerra il loro uso da parte degli Stati Uniti dovrà essere autorizzato dal Parlamento. Martino ha anche difeso l'operato del premier Berlusconi, ricordando che con molti altri leader è impegnato in una mediazione per arrivare ad una soluzione unitaria. Tutti riconoscono, ha concluso, che Saddam Hussein «deve essere disarmato ed auspichiamo che questo avvenga con «operazioni autorizzate dall'Onu». Dal canto suo, il ministro degli esteri Franco Frattini ha confermato che il dibattito sulla crisi irachena ci sarà in Parlamento dopo la decisione dell'Onu di votare o non votare una bozza di seconda risoluzione. Il titolare della Farnesina è comunque fiducioso che possa non esserci un'azione militare contro l'Iraq. Quanto al dibattito parlamentare, il presidente della Camera Casini ha annunciato che Frattini farà avere al Parlamento il rapporto del capo degli ispettori dell'Onu, Blix. L'Ulivo continua a chiedere che il Parlamento si occupi della crisi irachena e che il governo chiarisca la posizione italiana su cui dovrà essere espresso un voto delle Camere. Per quanto riguarda, poi, le presunte richieste dell'amministrazione Bush, non ci sono notizie ufficiali sul tipo di «sostegno» che gli Usa avrebbero chiesto, o più verosimilmente starebbero per chiedere, all'Italia. Potrebbe tuttavia trattarsi in primo luogo di un supporto logistico, dello stesso tipo di quello fornito in questa fase preparatoria di un probabile attacco: quindi, sorvolo dello spazio aereo, possibilità di utilizzare i porti e le basi aeree per esigenze logistiche, in particolare per il rifornimento dei tanker. Martino ha già detto di essere favorevole ad un sostegno di questo tipo, anche nel caso in cui non dovesse essere approvata una nuova risoluzione dell'Onu, precisando però che la decisione sarà presa complessivamente dal Governo e che, poi, sarà sottoposta al voto del Parlamento.