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Martino il più duro contro il rais

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Il ministro della Difesa convinto che di Baghdad non ci si può fidare

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Il capo del governo, il ministro degli Esteri e quello della Difesa sono convinti che una guerra contro la volontà dell'Onu sia un errore. Berlusconi lo ha ribadito più volte. Lo ha fatto al termine del Consiglio dei ministri del 28 febbraio affermando che sarebbe «nefasto» un intervento, spiegando «che nessuno si caricherà di una responsabilità così grave». Posizione che era stata sottolineata anche precedentemente. In un'intervista del 10 febbraio, il premier si era rivolto al presidente Usa, Bush, dicendo: «Attento, le tue ragioni si possono condividere, ma devi operare all'interno del diritto della Nazioni unite». Linea che aveva seguito anche quattro giorni prima, nel corso del primo dibattito parlamentare sull'Iraq chiedendo «alle Nazioni Unite di prendersi le proprie responsabilità». La linea del ministro degli Esteri Frattini è la stessa. Nel corso di un forum svoltosi lo scorso 1° marzo, il responsabile della Farnesina spiegava che l'Italia potrebbe dare solo un sostegno politico, non appoggio militare ad una eventuale azione unilaterale degli Usa. Questa affermazione si sposa alla perfezione con quanto detto ieri da Berlusconi durante la conferenza stampa tenuta con Letizia Moratti: «L'Italia non parteciperà alla guerra», ha detto il premier rispondendo polemicamente ad un giornalista che non voleva attenersi al tema dell'incontro: la scuola. Inoltre, Frattini, aveva spiegato in una dichiarazione rilasciata il 13 febbraio che è «indispensabile tenere uniti Usa ed Europa per arrivare ad una soluzione sotto l'egida dell'Onu». La posizione espressa dal titolare della Difesa Martino segue gli stessi principi di quella di Frattini e Berlusconi. Tuttavia è bene ricordare alcuni aspetti delle polemiche che hanno riguardato Martino. Questi è stato preso in considerazione dal Presidente Bush per assumere la guida della Nato come segretario generale alla fine del mandato di Robertson. La richiesta formale è stata avanzata nel vertice italo-americano alla fine di gennaio. Nei confronti di Martino negli Usa si nutre una grande stima per la grande affidabilità del ministro della Difesa, che è anche un illustre economista. Tuttavia, questo non ha impedito a Martino di ricordare l'11 febbraio, al termine dell'incontro col suo omologo russo Ivanov, che la soluzione della crisi deve essere trovata «esclusivamente in ambito Onu». Questa è la posizione del governo che Martino non può non rappresentare, ma il titolare della Difesa ne ha anche una personale e la chiarisce l'11 marzo in questi termini: «Abbiamo aspettato dodici anni. Per sedici volte — ha dichiarato Martino — le risoluzioni dell'Onu sono state disattese: per sedici volte Saddam Hussein si è fatto beffe delle Nazioni Unite. Tutti i paesi, assolutamente tutti — ha detto ancora il possibile successore di Robertson —, sono convinti che lasciare al suo posto Saddam Hussein dotato di armi di distruzione di massa sarebbe un pericolo per la società internazionale: io darei il via libera, ma questa — ha concluso — è la mia opinione, non ho titolo di impegnare il governo».

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