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IL VATICANO era pronto a pagare una «ingentissima somma di denaro» per il «riscatto» di Moro.

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Vittore a Milano. Un sacerdote toscano, al fianco di Curioni in quei giorni, testimone della telefonata, da un paio d' anni è nei ranghi della diplomazia pontificia. Ricorrendo ancora a Curioni, monsignor Pasquale Macchi, segretario personale di Paolo VI (con l' assenso di Andreotti) era pronto a pagare una cifra elevatissima di denaro per il riscatto di Moro. Monsignor Achille Silvestrini, allora segretario del consiglio degli affari pubblici della Chiesa, d' intesa con monsignor Agostino Casaroli, aveva dato istruzioni al nunzio apostolico in Inghilterra monsignor Bruno Heim. Egli, a Londra, doveva appoggiare il tentativo di Giuseppe Lazzati, rettore dell' università cattolica del Sacro Cuore di Milano, tramite Amnesty International, di aprire una fessura nell'organizzazione brigatista; anche quell' iniziativa, però, falliva. A Roma, un vice parroco, don Antonello Mennini (alla cui ordinazione era stato presente Moro), riceveva telefonate dalle Br. Non si sa ancora se egli sia stato il "postino" utilizzato dalla famiglia Moro per mantenere i contatti con uno dei covi dei brigatisti dove lo statista si trovava sequestrato. Il 9 marzo 2003 la vedova di Oreste Leonardi, l' autista di Moro, ha rivelato di aver ricevuto, anni fa, una lettera di un brigatista nella quale si assicurava che un sacerdote era stato portato nel covo per impartire a Moro la confessione e la comunione. Nei giorni della tragedia, si erano mobilitati anche tre vescovi italiani: Luigi Bettazzi (Ivrea), Alberto Ablondi (Livorno) e Clemente Riva (ausiliare a Roma) con l' obiettivo di prendere il posto di Moro nella prigione delle Br. Ma Monsignor Bettazzi, nel 1996, ha raccontato di essere stato bloccato da un messaggio negativo proveniente da oltre Vaticano del tipo «quel sangue va versato perchè il popolo sia salvo». Monsignor Riva, nel frattempo morto, ha lasciato un' agenda-diario, ancora inedita, sui suoi contatti nei 55 giorni. Quei vescovi si muovevano d' intesa con padre Davide Maria Turoldo, vicino a Paolo VI.

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