MILANO — Più di 170 mila posti in meno, nel 2004, e solo nelle piccole imprese.

È una simulazione «di quel che potrebbe accadere, sul versante dell'occupazione» se i «sì» trionfassero al referendum, quella offerta in mattinata da Billè alla manifestazione di chiusura del tour «No Day», promosso da Confcommercio in 14 città italiane «per spiegare i motivi per i quali va respinto questo referendum». E Milano, piazza conclusiva della lunga manifestazione itinerante, è diventata per una manciata di ore il centro del «no» espresso, oltre che nella sala affollata di Palazzo Castiglioni, anche sul centralissimo corso di Porta venezia, dove un carretto offriva ai passanti l'immagine di un enorme «bandiera» con il logo «No Day», composte di ogni genere di frutta. E si passa alle stime di Billè. «A bocce ferme - afferma il presidente di Confcommercio - se cioè venisse rispettata la previsione di una crescita del Pil, nel 2003, dell'1,2% e, nel 2004, del 2,2%, e sappiamo bene, vista l'imminenza di un conflitto, quanto queste previsioni possano essere ottimistiche, verrebbero perse, nel 2003, e solo nelle piccole imprese, dalle 60 alle 70 mila unità di lavoro permanente che, nel 2004, diventerebbero più di 170 mila». «Ma finirebbero per diminuire anche le unità di lavoro a tempo determinato - sottolinea anche Billè - perché è assai probabile che, con questa riforma, molte piccole imprese si vedrebbero costrette ad uscire dalla legalità per tuffarsi nel grande mondo del sommerso». Tutto questo, aggiunge alla platea Sergio Billè, mentre la caduta di occupazione nel mondo delle grandi imprese «continua inesorabile con un meno 35 mila unità nel 2002». Un fenomeno che colpirebbe soprattutti la popolazione giovanile «cioè quella che oggi non riesce a trovare posti di lavoro: 20% al nord, 54% al Sud». Per rendere ancora più chiare le conseguenze di una eventuale vittoria del referendum, Sergio Billè parla dal palco proprio della situazione milanese, elencando cifre riferite a Milano e provincia, per arrivare a dire che anche «nella grande metropoli si rischierà il black out». Intanto, il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, non usa mezzi termini per bocciare il referendum inevitabile dopo che il leader della Cgil ha consegnato in Parlamento cinque milioni e 122 mila firme contrarie alle modifiche apportate all'articolo 18: «La vittoria dei "sì" al referendum contro le modifiche all'articolo 18 della Statuto dei lavoratori rappresenterebbe un passo indietro verso il baratro». Per il sottosegretario alle Attività produttive, Mario Valducci, «la politica si deve mobilitare per andare al voto affinchè dal risultato elettorale non esca un consenso forte al "sì"». Perché questo referendum «va contro il nostro sistema economico».