
Gianni Letta compie 90 anni. I governi passano, il Direttore rimane

C’è un solo italiano che può dire di aver trascorso un’ora e mezza in automobile con un Papa, di aver annunciato a un livornese che sarebbe diventato Presidente della Repubblica e a un fiorentino che avrebbe fatto prima il Ministro del Tesoro e poi il Presidente del Consiglio. Un uomo che ha usato l’intelligence in modo così diverso dai pasticciati metodi attuali da riuscire, nel 2004, ad evitare l’esplosione di 300 chili di esplosivo posizionati sotto l’ambasciata d’Italia a Beirut. Una figura che, accanto a Silvio Berlusconi, ha scritto vent’anni di storia d’Italia e che, per onorare con lui un patto di lealtà, ha rifiutato - seppur da destra e da sinistra lo offrivano - il Quirinale, anche se proprio dal Quirinale non è mai arrivata una unica nomina che avrebbe meritato: senatore a vita.
È Gianni Letta, che oggi compie novant’anni anche se ai compleanni preferisce gli onomastici. Berlusconi lo definì «un dono di Dio», altri lo chiamano «Sua Eminenza», ricordando che è anche Gentiluomo di Sua Santità. Alcuni, più scherzosamente, «Eminenza Azzurrina», per via delle cravatte tendenti spesso ai toni del cielo, su camicie rigorosamente bianche con gemelli. Ha sempre volato alto, seppur ancorato alla concretezza della cultura dell’ascolto e del dialogo. Grazie a questa capacità e al suo forte carattere, è stato l’unico che le ha «cantate» al Cavaliere, come dopo il no alla bicamerale di D’Alema o al governo Maccanico.
Non perde un concerto o una prima teatrale (l’adorata figlia Marina debuttò con Lavia all’Eliseo), forse meno appassionato di cinema, nonostante una comparsata con Sordi (anche se Gianpaolo, «figlio-clone», è diventato un’autorità nel settore con Medusa). Milan e Roma le squadre che segue sorseggiando magari del buon vino rosso – Barbaresco, Barolo e Langhe di Gaja i suoi preferiti.
Cultore dell’Antico Sigaro Toscano, non ha mai praticato sport, tranne passeggiate alle Bermuda, imposte dal Cavaliere. Per non esagerare nei lussi, si concede ogni cinque anni 48 ore in una spa umbra, o qualche giorno a Ferragosto a Punta Ala.
Mai lavorato meno di 15 ore al giorno. La preparazione minuziosa dei suoi interventi senza sbagliare una citazione o un congiuntivo - è leggenda, così come la sua memoria e la partecipazione alle commemorazioni: una media di tre a settimana, da Guinness dei primati. Per Andreotti era anche il campione del mondo nella stesura dei necrologi.
Riceve circa venti persone al giorno - per non più di otto minuti ciascuna. Facendo un rapido calcolo, solo negli ultimi vent’anni ne ha viste circa 175.000: praticamente tutti gli abitanti di Taranto.
C’è un particolare che mi fece notare il Cav : «Ti sarà capitato, Luigino. Se entri da Gianni e gli chiedi come sta, lui per accorciare i tempi ti ribatte : "E tu?" Così salta una risposta e si va al dunque. Mai neppure un caffè o un bicchiere d’acqua...».
E in un gioco di porte che si aprono e si chiudono, nessun ospite incontra l’altro. La fedelissima Lina Coletta assiste, efficiente e disincantata, a questo circo quotidiano, insieme all’uomo ombra, Donato. Mai una scorta, mai un lampeggiante. È uno dei misteri del Nazareno, dove avvengono le visite con affaccio sul Pd, mentre i vertici più riservati alla Camilluccia, regno della pazientissima moglie Maddalena, costretta talvolta a preparare crostate per siglare paci - o finte paci - come quella tra Berlusconi e Carlo De Benedetti.
Secondo di otto figli, gavetta in uno zuccherificio, laurea in legge, fu scoperto da Renato Angiolillo al Tempo, dove ha trascorso la prima vita: da redattore, direttore e amministratore, prima che un complessato figlio di Pesenti, alla morte del padre Carlo, decidesse di sostituirlo con l’insipido Gaspare Barbiellini Amidei, facendo così la fortuna del Messaggero.
Ma fu anche la fortuna di Letta, che iniziò il sodalizio con Berlusconi con Italia Domanda, il primo programma d’informazione politica delle reti Fininvest, diventando poi l’ambasciatore romano e in seguito il consigliere prezioso: in famiglia, in azienda e per tre volte a Palazzo Chigi. Niente social ne smartphone, memoria prodigiosa, risponde e richiama subito: meglio dell’intelligenza artificiale.
Attorno a Letta è cresciuta una generazione di civil servant, ufficiali, monsignori, manager, giornalisti e funzionari che - pur di estrazioni politiche diverse - hanno sempre fatto riferimento a lui nei momenti più critici: dal terremoto dell’Aquila alle guerre, fino ai delicati equilibri dell’intelligence, i cui capi riuniva a Chigi dopo le 23.
A chi gli ha chiesto perché non abbia mai voluto fare il ministro, ha risposto con una frase che è la sua essenza: «Il potere è quello che non si vede». I governi passano, Letta rimane. Auguri caro, carissimo Gianni.
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