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Terzo mandato, l'intervista a Cassese: “Il popolo non ha un potere illimitato. La democrazia deve avere limiti”

Giulia Sorrentino
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Il destino della Campania, e del Veneto, è legato alla decisione della Consulta: oggi i giudici dovranno pronunciarsi sul ricorso presentato dal governo contro la legge regionale della Campania che consente all’attuale governatore di ricandidarsi. Ma impedire al popolo di scegliere un candidato non ha in sé aspetti antidemocratici? Lo abbiamo chiesto al professor Sabino Cassese.

Lei hai scritto un libro intitolato «La democrazia e i suoi limiti». In questo caso quali sono?
«Secondo la Costituzione, “il sistema d'elezione e i casi di ineleggibilità” sono disciplinati con “legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi”. Lo Stato ha stabilito nel 2004 che “non è immediatamente rieleggibile alla carica di Presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi”. A fine 2024 la regione Campania ha stabilito la non rieleggibilità oltre i due mandati consecutivi, ma precisando che “il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge”, quindi rispettando il vincolo statale, ma rimandone l’applicazione. Vengo ora alla sua domanda».

Prego.
«L'articolo 1 della Costituzione dispone che la sovranità appartiene al popolo, ma poi aggiunge che il popolo la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. I sostenitori del potere del popolo di scegliere un presidente continuativamente, anche per un ampio numero di mandati motivano questa conclusione dicendo che, se la sovranità appartiene al popolo, esso deve essere libero di decidere quante volte vuole rinnovare un mandato ad una persona. Tuttavia, colui che ha fissato i termini moderni del concetto di democrazia, cioè Alexis de Tocqueville, già nel 1835 scriveva che la democrazia può prestarsi alla tirannide della maggioranza e che quindi bisogna fissare limiti alla democrazia. Ciò che hanno fatto i nostri costituenti».

 



Quindi la Corte Costituzionale dovrebbe pronunciarsi a favore del Governo?
«Non faccio profezie né auspici. Constato che la sovranità non comporta un potere illimitato del popolo e che la democrazia comporta l'accettazione di vincoli».

La decisione aprirebbe un precedente anche per Luca Zaia?
«A questa domanda non so rispondere e penso che la Corte costituzionale abbia davanti a sé il solo caso della Regione Campania. Ricordo soltanto che nel 2024 la Corte costituzionale ha preso una decisione relativa ai comuni che può costituire un precedente: “La previsione del numero massimo dei mandati consecutivi (in stretta connessione con l’elezione diretta dell’organo di vertice dell’ente locale, cui fa da contraltare) riflette una scelta normativa idonea a garantire ulteriori fondamentali diritti e principi costituzionali, quali l’effettiva par condicio tra i candidati, la libertà di voto, la genuinità della competizione elettorale, il fisiologico ricambio della rappresentanza politica e, in definitiva, la democraticità degli enti locali. Proprio perché frutto di un tale bilanciamento, l’individuazione del punto di equilibrio è espressione della discrezionalità del legislatore, sindacabile solo se manifestamente irragionevole».

 



Quanto influisce il quadro che c'è nel resto del mondo?
«Il problema si è posto negli Stati Uniti, dove non c'era un limite al numero dei mandati, ma è stata rispettata la prassi di non andare oltre i due mandati, fino agli anni ‘40 dello scorso secolo, quando il presidente Roosevelt si presentò per la rielezione ben tre volte, quindi sommando quattro mandati, l'ultimo dei quali fu interrotto dalla sua morte. A quel punto, fu approvato il ventiduesimo emendamento della costituzione, che stabilisce che non si possa andare oltre due mandati».

Forse spesso non si comprende che le leggi sono state scritte in contesti soggetti a mutazione?
«I contesti cambiano, ma i principi rimangono e il principio in questo caso è quello del “fisiologico ricambio della rappresentanza politica”. Non dimentichiamo che gli Stati moderni si sono affermati in contrasto con le monarchie, fondate sulla titolarità della carica a vita».

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