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Bisignani su Papa Francesco: il Pastore che non si arrende e quel gregge in subbuglio

Luigi Bisignani
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Caro Direttore, un Pastore che non si arrende: una sotterranea lotta di potere all’ombra di San Pietro aspetta Papa Francesco che ieri, debilitato e visibilmente affaticato, è rientrato a Santa Marta. Le trattorie di Borgo Pio pullulano di cardinali giunti a Roma per invocare la salute del Pontefice - almeno ufficialmente. La loro presenza, infatti, potrebbe anche prefigurare la partecipazione a un imminente Concistoro. Non è escluso che Bergoglio voglia sciogliere al più presto nodi rimasti troppo a lungo irrisolti. Per questo, con le poche forze recuperate, ha voluto a tutti i costi rientrare in Vaticano, forse anche contro il parere dei suoi medici, da sempre trattati con un certo scetticismo. Tra i temi che potrebbe mettere sul tavolo figurano la composizione del Collegio cardinalizio e le norme del Conclave. Si sussurra, nei corridoi curiali, l’idea di abbattere il tabù della maggioranza dei due terzi, introducendo nuove modalità di discernimento collegiale. Francesco, che non ha mai esitato a riscrivere le regole, sembra ora determinato a imprimere il segno, sia sul suo pontificato che sul futuro della Chiesa. Il Pontefice, ancora con i naselli collegati a una bombola d’ossigeno, è rientrato nelle sue stanze dopo una breve sosta a Santa Maria Maggiore, dove - si mormora - gli sarebbe stato allestito un alloggio segreto, oltre a una tomba già predisposta costruita con la massima discrezione fuori da occhi indiscreti.

 

 

La sofferenza fisica dei papi non è una novità: Giovanni Paolo II fece della sua lunga agonia un simbolo della croce. Anche Pio XII e Paolo VI dovettero affrontare malattie gravi, pur vivendo in un’epoca meno mediatica. Tuttavia, Francesco porta nel corpo delle fragilità di lunga data. Da giovane seminarista, già a 21 anni, fu colpito da una grave forma di polmonite: i medici furono costretti ad asportargli parte del polmone destro, condannandolo a una vulnerabilità respiratoria che non lo ha mai abbandonato. Così è accaduto anche in quest’ultimo periodo, con una polmonite bilaterale trattata in fretta al Policlinico Gemelli. Solo dopo settimane di comunicati altalenanti e medici imbarazzati, si è appreso che, per ben due volte, il Papa era stato in fin di vita. Il tutto mentre i bollettini vaticani raccontavano di un Francesco vigile, sereno, intento a lavorare e a gustare abbondanti colazioni. Eppure, nonostante i silenzi e le mezze verità, una cosa è inconfutabile: il pastore, anche zoppicante e afflitto, non abbandona mai il suo gregge. Per questa ragione, Francesco ha scelto di mostrarsi fragile e sofferente.

 

 

È da anni, peraltro, che il Santo Padre si trascina con difficoltà. Il 4 luglio 2021, fu sottoposto a un’operazione al colon per una stenosi diverticolare sintomatica. L’intervento, durato tre ore, comportò l’asportazione di circa 33 centimetri di intestino. La lunga convalescenza di quell’episodio fu già allora un campanello d’allarme. Seguirono le sofferenze all’anca e al ginocchio destro, costringendolo più volte alla sedia a rotelle. Eppure, il corpo di Bergoglio, come un vecchio vascello segnato da anni di mare burrascoso, continua a navigare con una determinazione quasi imperturbabile. Questo Papa, però, non ha mai rifuggito il cambiamento. E oggi, con un corpo che mostra tutti i segni del tempo e della malattia, sembra pronto a tracciare la rotta verso un nuovo futuro. Senza clamore, senza proclami e, per la prima volta, senza invocare preghiere per sé stesso. Ma noi pregheremo lo stesso: per il Papa, per la Chiesa e per il coraggio della verità. «Ad maiorem Dei gloriam», per la miglior gloria di Dio, il principio ispiratore dei gesuiti ricordato da Bergoglio nell’omelia nella Chiesa del Gesù a Roma in occasione della festa di Sant’Ignazio di Loyola.

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