
L'ad Ercolani: “Leonardo-Rheinmetall rilancia il settore militare. Previsti in tre anni ordini per 9 miliardi”

Alessandro Ercolani è amministratore delegato Rheinmetall Italia dal 2022, con una vasta esperienza internazionale nel settore difesa.
Partiamo dai numeri, che di parole ce ne sono già troppe in circolazione. È appena nata Leonardo Rheinmetall Military Vehicles (50% Italia e 50% Germania) joint venture per soddisfare i bisogni delle forze di terra italiane, con 1000 mezzi di fanteria leggeri e circa 300 carri da produrre nei prossimi 10-15 anni, a fronte di un investimento di circa 23 miliardi. Una storia europea di tecnologia, ricerca, lavoro. Tutto sta filando liscio? «Il 24 febbraio scorso è stata costituita ufficialmente la joint venture tra Leonardo e Rheinmetall denominata appunto Lrmv. Una data importante perché proprio 3 anni fa, iniziava l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Una data che ha segnato un momento di svolta nella storia dell’Europa e per gli equilibri globali. Questa alleanza tecnologica nasce proprio come risposta europea ad un nuovo scenario e nello specifico, all’esigenza dell’Esercito Italiano di dotarsi di nuove piattaforme terrestri. Si, tra noi tutto fila liscio perché insieme a Leonardo abbiamo creato un grande team che condivide obiettivi e visioni. Le due sedi saranno Roma e La Spezia. La prima sarà la sede legale con il coordinamento manageriale, programmatico e contrattuale. La seconda sarà la sede operativa con i gruppi tecnici a lavorare gomito a gomito negli ambienti e laboratori di integrazione».
Vogliamo riassumere le cifre principali di questa storia, nel senso di posti di lavoro, quota della produzione che si farà in Italia (e dove), attesa sul numero di imprese fornitrici coinvolte?
«Lrmv arriverà in 3 anni a circa 9 miliardi di ordini. Un numero importante che segnala la rinascita di un settore militare terrestre che da molti anni era stato trascurato. Il valore è anche una indicazione dell’elevato contenuto ingegneristico per queste nuove piattaforme dell’esercito che si candidano a rappresentare una nuova frontiera tecnologica per il settore. Dagli accordi tra le due società Leonardo e Rheinmetall, il 60% della produzione sarà svolta in Italia creando nel nostro Paese un nuovo centro di eccellenza europeo per il settore della Difesa terrestre. Si ipotizzano migliaia di nuovi posti di lavoro che riguardano la componente diretta, indiretta e l’indotto. Immaginate non solo lo sviluppo e produzione di tecnologia elettronica, meccanica, sistemistica ma anche gli aspetti logistici e infrastrutturali. Sarà un grandissimo risultato per l’impatto occupazionale».
Siccome l’appetito vien mangiando, questa joint venture tra Rheinmetall e Leonardo è la prima di una serie?
«Oggi stiamo facendo un grande esercizio di collaborazione tecnologica che si costruisce giorno dopo giorno. Dal punto di vista politico, immaginiamo che il nuovo governo tedesco sia ancora più vicino all’Italia e ci sia desiderio di aumentare il livello di cooperazione. Se questo dovesse succedere, sicuramente la nostra joint venture è un punto di partenza importante».
Si fa un gran parlare di Difesa Europea. Rheinmetall sarà della partita su più fronti. Vogliamo indicare i principali?
«Il conflitto tra Russia e Ucraina ha portato all’attenzione tre aspetti parzialmente dimenticati dalla seconda guerra mondiale. La componente terrestre, la difesa aerea e il munizionamento. In questi tre ambiti Rheinmetall è uno dei grandi leader globali ed è in possesso di tecnologie allo stato dell’arte per il settore. A Roma per esempio si progettano e costruiscono sistemi di difesa aerei, specializzati contro l’attacco di droni e sciami di droni, già in operazione in Ucraina per proteggere persone e assetti critici dalle migliaia di droni che giornalmente arrivano sul territorio Ucraino».
Quali strategie adottate per attrarre e trattenere talenti nel settore della difesa, considerando la crescente competizione per le risorse umane qualificate? Diciamolo in modo più esplicito: avrete un gran bisogno di tecnici. Ci sono in giro?
«Noi abbiamo costruito una azienda sulle persone. Abbiamo tra i sistemi di welfare più moderni sul sistema nazionale. Tanto per fare un esempio abbiamo trasformato la mensa in ristorante. Cioè tutti, e dico tutti i dipendenti si siedono, ordinano tra diverse scelte e poi dopo pochi istanti un cameriere serve tutti, come in un ristorante. In aggiunta il dipendente viene informato del contenuto nutrizionale di ciascun pasto, dell’impronta carbonica in modo da scegliere cosa mangiare in modo consapevole. A questo si aggiunge una flessibilità lavorativa e un attrattivo pacchetto salariale. L’anno scorso abbiamo ricevuto 24mila curriculum vitae. Un numero impressionante. Molte candidature provengono da altri settori che stanno affrontando un ciclo economico avverso. È anche il segnale che la Difesa sta diventando maggiormente attrattiva».
C’è grande preoccupazione in Occidente sull’avanzare tecnologico degli armamenti cinesi. Possiamo dire che l’Europa è in grado di reggere il passo o siamo indietro?
«L’Europa ha grandissime industrie e tecnologie moderne nella Difesa e Sicurezza. Allo stato attuale, mi sento di dire che l’Europa gode ancora di un vantaggio tecnologico importante. La sfida è però mantenerlo e per questo è importante cambiare la narrazione sugli investimenti in Difesa».
Un’ultima domanda. Per decenni si è parlato di Difesa solo in circoli ristretti, ma adesso la musica sta cambiando. Come possiamo definire in modo equilibrato una «nuova cultura della Difesa»?
«Dal 2022 cioè dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, su Google nei primi 3 posti delle parole più ricercate in Italia compaiono temi di difesa e sicurezza. Per un mondo che sta cambiando velocemente, c’è una curiosità crescente su queste tematiche. Stiamo affrontando una fase di transizione culturale, economica e sociale e la Difesa e Sicurezza è parte integrante di questa nuova era. Ricordiamoci poi che successivamente ad un problema di sicurezza di confine con l’invasione Russa, sono seguite delle crisi energetiche ed alimentari. Cioè tutto è ormai incredibilmente connesso. Le persone allora iniziano ad incuriosirsi sulla materia. Vedo anche in televisione, numerose persone interessarsi di armamenti, di strategie ed industrie. Chiaramente è un settore di competenza ed in tal senso, sviluppare una appropriata cultura è un grande risultato per chi ascolta».
Infine una riflessione «off the records» di Ercolani. Al di là degli aspetti politici, il rapporto con gli americani è solido e lo dimostra un fatto molto semplice: gare importanti per le forze armate a stelle e strisce vanno avanti con il cronoprogramma previsto, non c’è traccia di ritardi. E le imprese europee vi partecipano senza indugio alcuno.
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