
Lucio Corsi smonta le polemiche: “La parola zingaro? Non è un'offesa, fa parte di un racconto”

Altalena boy è una canzone uscita dieci anni fa. Il lavoro di un cantastorie è proprio quello di raccogliere le voci di piazza e metterle in una canzone» - spiega Lucio Corsi – che stempera le polemiche del marionettista rom Rašid Nikolic che si è lamentato dell'uso della parola zingari nel testo. Facciamo un passo indietro. Il brano del 2015 di Lucio Corsi recita: «C'è chi dice "l’hanno preso gli zingari. E l’han portato in un campo fuori Roma». La polemica, sollevata da Rašid Nikolic,si concentra sull’uso del termine zingaro considerato dispregiativo e offensivo, oltre che sulla perpetuazione dello stereotipo del rapimento di bambini da parte della comunità rom. A un mese dall’inizio del nuovo tour di Corsi, Nikolic ha chiesto al cantautore una dichiarazione pubblica, la modifica o il ritiro del «brano e un impegno a non diffonderlo ulteriormente. Non possiamo – aggiunge l’attivista rom - permettere che la discriminazione diventi una favola, con lo stesso tono con cui tanti genitori ancora oggi dicono ai figli 'Comportatevi bene o vi prendono gli zingari'. Dire zingaro non è illegale, ma questo non lo rende moralmente accettabile. Vorrei che tu non solo ti avvicinassi alla causa, ma prendessi posizione per un cambiamento».

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Il cantautore toscano, parlando del suo nuovo disco, in uscita oggi, «Volevo essere un duro», ha risposto alle critiche difendendo la capacità della sua musica di descrivere la realtà anche nelle sue sfumature più controverse, senza aggiungere altro. Ora lo sguardo è rivolto a Basilea, in Svizzera, per l’Eurovision Song Contest che si terrà a maggio. «Andiamo – racconta Corsi - con lo stesso identico spirito con cui siamo andati a Sanremo e con la stessa direzione senza tanti fronzoli senza tanti fuochi d'artificio. Non cambia la canzone e lo spettacolo lo stiamo impostando perché la performance è incentrata su come porti in scena la canzone. Noi andiamo scarni. Forse avrò un'armonica in più».

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Oggi il menestrello trentunenne pubblica il suo quarto album. «È un disco di ricordi veri e falsi, di personaggi del bene e del male, di località, che esse siano prati di margherite o squallide zone industriali. Nelle forme di espressione credo che la cosa a cui si debba tendere è il cambiamento. In questo album ho cercato una trasformazione soprattutto a livello testuale, cercando di non staccare più di tanto i piedi da terra. Ho cercato di cantare in maniera chiara e diretta di persone. “Volevo essere un duro” è nato strisciando sui marciapiedi, nascondendomi negli armadi o sotto le zampe dei tavoli, girando tra i panni sporchi nelle lavatrici, appendendomi con le mollette ai capelli ai panni stesi, cercando ricordi non miei nei cappelli degli altri, cercando nuovi orizzonti nelle scarpe degli alti. Dopo circa due anni ho trovato nove canzoni diverse e le ho convinte ad andare ad abitare nello stesso palazzo». Il pubblico romano dovrà attendere il prossimo 18 aprile all’Atlantico e il 21 di giugno all’Ippodromo di Capannelle, per ascoltarlo dal vivo. «Mi ispiro al Rolling Thunder Revue di Dylan, a Wings Over America, a The Last Waltz della The Band. Quegli spettacoli mi hanno segnato profondamente. Vorrei ricreare – conclude la stessa magia».

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