
Papa Francesco e il Conclave segreto. Da Zuppi a Erdo i due volti della Chiesa

Oggi sono esattamente tre settimane che Papa Francesco è assente dalla scena pubblica e questo in certi ambienti della Santa Sede sta creando sempre più allarmismo. Nessuno al momento è in grado di immaginare quando il pontefice rientrerà a Santa Marta e, soprattutto, quando potrà tornare alla quotidianità. Nonostante le rassicurazioni diffuse dai bollettini giornalieri della Sala Stampa, nel piccolo Stato la tensione è palpabile. Il Giubileo scorre mestamente con i suoi eventi fissati da mesi, come pure l’inizio della Quaresima con i suoi riti e le celebrazioni papali cui suppliscono a turno i cardinali di Curia. Un porporato di primissimo piano ormai ultraottantenne ieri ci confidava tristemente: «È come vivere un periodo di Sede Vacante, ma con il Papa vivo». La definizione dell’eminentissimo calza a pennello e raffigura plasticamente quanto sta accadendo ormai da giorni interminabili nella Città del Vaticano.

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Da un lato il collegio cardinalizio, e in particolare la Curia Romana, ha preso in mano le redini di questo inconsueto e prolungato periodo di semi-vacanza della Sede Apostolica, dall’altro cominciano a emergere alcune candidature fin qui tenute nascoste in vista di un futuro Conclave. Sembra, appunto, di vivere quei giorni di transizione tra un pontificato e l’altro, ma con una particolarità di non poco conto: il Papa è vivo. Movimenti però ci sono e i vari schieramenti si stanno (in taluni casi platealmente) soppesando, cominciando a fare di conto e a studiare strategie. I progressisti, una vasta area che comprende i bergogliani di strettissima osservanza, ma anche cardinali ben più a sinistra di Francesco, consapevoli del fatto che probabilmente il papato toccherà nuovamente a un italiano dopo quasi cinquant’anni, sembra stiano facendo proseliti per il Presidente della Cei Matteo Zuppi. L’arcivescovo di Bologna è molto stimato, ma al contempo anche assai osteggiato da tutti quei porporati - e non sono pochi - che in lui vedrebbero la prosecuzione (per certi versi ancora più radicale) dell’attuale pontificato. In più Zuppi è l’uomo forte della Comunità di Sant’Egidio e per molti è qualcosa di analogo al troppo stretto legame che aveva Angelo Scola con Comunione e Liberazione, motivo principale per cui la sua candidatura fu affossata nel Conclave del 2013. Eppure, molti dirigenti di Sant’Egidio si stanno muovendo proprio in queste settimane con uno strano attivismo che fa da contrappeso all’altrettanto inconsueta eclissi dalla scena pubblica del presidente della Cei, solitamente molto a suo agio con i media.

Dopo di lui un bergogliano di ferro. Perché Papa Francesco vuole la riforma
Sul fronte opposto, quello conservatore, che vorrebbe riportare ordine e regole antiche nella Chiesa, c’è la consapevolezza di essere in minoranza, ma non tale come viene spesso descritta. La possibilità di far passare un proprio cardinale s’insinua per una via stretta ma non impraticabile; pertanto, l’ordine di scuderia è «serrare i ranghi, senza alcuna divisione» e per fare ciò è necessario trovare il candidato giusto, non sovraesposto e che non abbia mai proferito una sola parola contro Bergoglio. L’uomo a cui molti guardano è per giunta un elettore ampiamente rodato, uno dei pochissimi ad aver già partecipato ai Conclavi del 2005 e del 2013: l’arcivescovo di Budapest, Péter Erdö. Creato cardinale giovanissimo da Giovanni Paolo II (il che è oggi considerato un plus in un Collegio così diviso) nel Concistoro del 2003, ha oggi l’età giusta per il papato: 72 anni. Sempre defilato e mai critico con Francesco è però risaputamente un tradizionalista puro, benché non intransigente. E se i due candidati di bandiera dovessero elidersi a vicenda, come accadde a Siri e Benelli nel secondo Conclave del 1978 che aprì la strada al primo Papa straniero dopo quasi cinque secoli, il compromesso stavolta ha già un nome e un cognome: Pietro Parolin.

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