
Papa Francesco, cosa svela il prof. della Sapienza: “Paziente critico. Non si può dire che…”

Giorgio Sesti, docente di Medicina interna all’università Sapienza di Roma, analizza le condizioni di Papa Francesco in base ai dati comunicati dai bollettini medici: «È attualmente un paziente critico, non fuori pericolo. Per questo la prognosi resta riservata. Non si può dire, per esempio, ‘servono altri 10 giorni di cura’. Non lo sappiamo, dobbiamo attendere. Anche perché le terapie antibiotiche, che sono mirate ai diversi germi isolati, hanno bisogno di un certo tempo per agire. Occorre dare tempo a questi farmaci. Tutto è infatti partito dall’infezione dei polmoni che, in forma grave, può scompensare gli altri organi».

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«Come dicono bene i colleghi del Gemelli - spiega Sesti all’Adnkronos - la situazione è critica vista l’età e le patologie precedenti del Santo Padre. A questo si aggiunge che sua polmonite è stata prodotta da diversi batteri che richiedono un trattamento specifico. Sicuramente, infatti, sarà stata fatta una coltura dei batteri, con antibiogramma, per una terapia mirata. Non conosciamo l’estensione della polmonite, ma per indurre uno stato di insufficienza respiratoria acuta, che ha richiesto l’ossigeno ad alti flussi, evidentemente c’è una compromissione polmonare importante». «Escludo che, essendo il Papà lucido, collaborante e dialogante - osserva l’internista - abbia una situazione di sepsi, infezione generalizzata, che sarebbe molto grave. Ovviamente quando si complicano queste situazioni, che hanno un quadro infiammatorio importante, può esserci una riduzione della funzione renale ed è quello che è successo al Santo Padre. Questo, probabilmente, anche perché si è ridotto l’introito di liquidi, anche con la ventilazione è possibile, ma questo elemento è sotto controllo».

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C’è poi il problema dell’anemia, per la quale il Pontefice ha ricevuto trasfusioni. «Una volta che viene rimpiazzato il sangue, infatti, si ha un’ossigenazione normale. Ed è importante - rimarca Sesti - sia per l’aspetto polmonare, perché il sangue e i globuli rossi sono quelli che ricevono l’ossigeno e lo trasportano ai tessuti, sia a livello generale sia a livello cardiaco, perché la riduzione dell’emoglobina (e un’anemizzazione) comporta una scarsa ossigenazione del cuore. Rimpiazzando tempestivamente l’ossigeno, si evitano ulteriori complicanze».
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