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Per l’Iran Cecilia Sala sarebbe una spia. Quel vertice notturno rivelato da Il Tempo e poi la liberazione

Giulia Sorrentino

La vicenda di Cecilia Sala, arrestata a Teheran, sta infiammando il dibattito politico italiano e internazionale. Se all’inizio l’ipotesi più accreditata era la volontà da parte del regime di fare pressione sull’Italia affinché ci fosse uno scambio di ostaggi, la portavoce del governo della Repubblica islamica, Fatemeh Mohajerani ha smentito questa versione. Lo ha fatto puntualizzato che l'arresto della Sala «non è in alcun modo una ritorsione» per quello del cittadino iraniano, Mohammad Abedini Najafabadi, avvenuto in Italia. «Ci auguriamo che la questione della giornalista venga risolta rapidamente», ha aggiunto.

 

 

La volontà da parte del Governo, della Farnesina e soprattutto della famiglia della giornalista è quella di fare il più possibile silenzio attorno a questa vicenda affinché si possa mediare nel migliore dei modi per riportare Cecilia in Italia. Sembrerebbe però, secondo una nostra fonte, che ci sia una spiegazione alla frase contenuta nella nota diffusa dal Ministero della Cultura iraniano una settimana fa: «La cittadina italiana è arrivata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico ed è stata arrestata il 19 per aver violato la legge della Repubblica islamica dell'Iran» si legge in una formula molto vaga. Ma che cosa potrebbe aver fatto Cecilia Sala per finire in carcere nelle condizioni brutali descritte dalla madre? «La prima preoccupazione adesso sono le condizioni di vita carceraria di mia figlia. Si è parlato di cella singola. Non esistono le celle singole. Esistono le celle di detenzione comuni e poi ci sono le celle di punizione. Lei è in una di queste, evidentemente», aveva detto Elisabetta Vernoni. Abbiamo appreso in esclusiva che la sera di martedì 7 gennaio si sarebbe tenuto a Teheran un vertice con la presenza dell’intelligence sul caso Sala proprio per analizzare la situazione e capire se i sospetti che ci sono nei confronti della giornalista siano fondati o se verranno smentiti. Qualora non dovessero essere confermati si capirà in che modo procedere con il Governo italiano.

 

 

Il sospetto dell’Iran è che lei, nel momento in cui si trovava sul suolo straniero, non stesse svolgendo il ruolo da giornalista, ma che volesse carpire delle notizie riservate. Notizie che, se fossero trapelate, avrebbero potuto creare forti destabilizzazioni nell'area del Sahel, fascia di territorio dell’Africa subsahariana, una delle regioni più turbolente di tutte in cui imperversa la rivolta jihadista e l'influenza russa sta poco alla volta spezzando ogni legame con l'Occidente. È un’area strategica per l’Iran per diversi motivi: il primo è avere alleati, anche per avere accesso a materiale, alla moneta estera e ai mercati. Il secondo è avere la capacità di favorire il terrorismo, le migrazioni e il blocco dell’export delle materie prime come mezzo di scambio o ritorsione contro Paesi occidentali. Il terzo è rappresentato dalla competizione tanto con l'Occidente quanto con la Turchia e in misura minore con l’Arabia Saudita. L’Iran, che dal 7 ottobre in poi ha subito un fortissimo indebolimento, perché si è concentrata sull'area mediorientale, fallendo quelli che erano i suoi obiettivi contro Israele in primis e i sunniti poi, ha ancora più interessi a non perdere i legami costruiti negli anni con l’area del Sahel, che tuttora si conferma strategica soprattutto per i rapporti con la Russia, nonostante l’insediamento di Donald Trump sia un forte fattore stabilizzante contro l’avanzata sciita. Saranno quindi ore decisive, qualora l’indiscrezione dovrebbe essere confermata, soprattutto da un punto di vista di rapporti internazionali, per dipanare un caso che sta tenendo il Paese in forte tensione.