Cecilia Sala, il ricatto dell'Iran: regime stretto tra bancarotta e povertà con il carcere ricorre al terrore
Abbiamo incontrato Shahrzad Sholeh, la presidente dell’associazione donne democratiche iraniane in Italia. Si occupa a tempo pieno di organizzare la resistenza all’estero delle decine di migliaia di dissidenti anti-regime iraniani, coordinati dal Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana. La presidente eletta dall’opposizione è Maryam Rajavi, autentico incubo per il regime degli ayatollah. Sholeh, fuoriuscita dalla Persia quando venne cacciato lo Shah, viene considerata l’ambasciatrice degli esuli iraniani in Italia.
Come definirebbe l’attuale governo?
«Quando è arrivato Pezeshkian, ritenuto un pseudo-moderato, ha subito detto di non aver alcun programma: qualunque cosa ordini Khamenei, la farà. Dal suo arrivo sono aumentate le esecuzioni: sono state impiccate 672 persone in cinque mesi. Tra loro 22 donne, 4 con impiccagione pubblica. Il numero più alto dal 2003 ad oggi».
Perché questo giro di vite?
«Il regime sta affrontando una crisi profonda dovuta a un’economia in bancarotta, a una povertà diffusa e a una società che protesta e che vuole rovesciarlo. In questo clima, ricatta i paesi stranieri per ottemperare alle sue richieste. Ora, mentre il governo iraniano si sta indebitando sempre di più, ricorre a quest’altra forma di terrore».
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Stando alle sue fonti, perché stanno detenendo Cecilia Sala a Evin?
«Il terrorismo e la presa in ostaggio delle persone sono le due leve praticate da sempre dalla dittatura religiosa al potere in Iran. Sono strumenti utilizzati per ricattare, ottenere vantaggi e liberare i suoi terroristi e criminali arrestati all'estero. Negli ultimi 45 anni compiacimento, contrattazione e negoziazione dell’Occidente con il regime iraniano ha reso questo sporco affare redditizio per il regime. E lo ha incoraggiato a continuare. La dissidenza iraniana in Italia condanna fermamente quest’ennesimo oltraggio alle donne e alla libertà».
Esiste una politica di scambio dei prigionieri? Il regime iraniano punta alla liberazione del cittadino (Mohammed Abedini) arrestato alla Malpensa lo scorso 16 dicembre?
«Sì, e non è una prima volta. Anzi, rappresenta ormai una politica costante del regime. Quando si trova alle strette, il regime prende in ostaggio stranieri. Dopo le trattative che hanno portato alla liberazione del terrorista Assadollah Assadi, condannato a 20 anni di carcere in Belgio, e alla liberazione di Hamid Nouri, il boia del genocidio dei prigionieri politici nel 1988, condannato all’ergastolo in Svezia, la dittatura di Teheran ha preso in ostaggio sempre più cittadini europei».
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Che influenza può avere la diplomazia italiana sui pasdraran? Possono cambiare idea su Cecilia Sala?
«L’unica persona che può avere influenza sui pasdaran, che è la forza repressiva del regime iraniano, è Khamenei. L’esperienza degli ultimi decenni dimostra che l’unico modo per porre fine al circolo vizioso di terrorismo, spionaggio, contrabbando di tecnologia e scambio di terroristi e criminali è agire con decisione contro questo regime».
Concretamente, come?
«I primi passi concreti potranno essere inserire nella lista delle associazioni terroriste il Corpo dei pasdaran e il ministero dell'Intelligence, chiudere le ambasciate e le agenzie del regime dei mullà ed espellere i loro agenti e mercenari, componenti essenziali di questa politica. I mullà al potere in Iran capiscono solo la lingua della forza».
In tutta franchezza, c’è la possibilità che nel prossimo futuro il regime iraniano crolli?
«Maryam Rajavi ha sottolineato che la resistenza organizzata, rappresentata dall’NCRI, sta guadagnando terreno nonostante la repressione. Le «unità di resistenza» operano come cellule di disobbedienza civile, mentre l’NCRI lavora a livello internazionale per costruire consapevolezza e supporto per un’alternativa democratica. Vogliamo un Iran democratico, non nucleare, pacifico. Come la dittatura di Assad, anche la dittatura religiosa al potere in Iran cadrà senza dubbio».
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